Come è andato a finire il progetto di Biden per il molo di Gaza

Lug 26, 2024 | Notizie

di Phil Stewart e Idrees Ali,

Reuters, 25 luglio 2024. 

Un’imbarcazione americana che trasporta soldati e giornalisti americani naviga vicino al Trident Pier, un molo temporaneo per la consegna degli aiuti, al largo della Striscia di Gaza, durante il conflitto in corso tra Israele e Hamas. 25 giugno 2024. REUTERS/Amir Cohen/Foto d’archivio

WASHINGTON (Reuters) – Alla fine del 2023, l’amministrazione del presidente Joe Biden prese per la prima volta in considerazione l’idea di ordinare alle forze armate statunitensi di costruire un molo galleggiante al largo di Gaza per consegnare gli aiuti, ma poi il progetto fu messo in attesa.

Gli Stati Uniti erano sotto pressione per alleviare la crisi umanitaria nell’enclave palestinese devastata dalla guerra, aggravata dalla chiusura da parte di Israele di molti valichi di frontiera terrestri, e le consegne via mare erano viste come una possibile soluzione.

L’ammiraglio statunitense Christopher Grady, vicepresidente degli Stati Maggiori Riuniti e ufficiale di carriera della Marina Militare, dichiarò in una riunione di essere molto preoccupato che il mare potesse diventare troppo agitato per la consegna degli aiuti umanitari da un molo ed espose i rischi legati alle condizioni meteorologiche, come hanno raccontato un funzionario e un ex-funzionario statunitensi.

L’idea è stata ripresa solo all’inizio del 2024, quando la situazione a Gaza è diventata sempre più disperata e le organizzazioni umanitarie hanno avvertito che si stava profilando una carestia di massa tra i civili palestinesi.

“Abbiamo raggiunto un punto in cui ci è sembrato opportuno rischiare di più perché il bisogno era così grande”, ha detto un ex funzionario dell’amministrazione Biden.

Ma la ‘missione molo’ che fu alla fine varata non è andata bene.

Ha coinvolto 1.000 soldati statunitensi, ha consegnato solo una frazione degli aiuti promessi, è costata circa 230 milioni di dollari, ed è stata fin dall’inizio afflitta da sfortuna ed errori di calcolo, tra cui il fuoco, il maltempo e i pericoli derivanti dai combattimenti a terra tra Israele e Hamas.

Biden, dopo aver promesso un “massiccio aumento” degli aiuti, ha riconosciuto che il molo non è stato all’altezza delle sue aspirazioni. “Speravo che avrebbe avuto più successo”, ha dichiarato ai giornalisti l’11 luglio.

Le discussioni interne sul molo di Gaza, comprese le opzioni scartate di dispiegare brevemente le truppe nell’enclave, non sono state riportate in precedenza.

La missione del molo, conclusa formalmente la scorsa settimana, è stata il più controverso dei tentativi dell’esercito statunitense di contribuire a contenere le conseguenze della guerra tra Israele e Hamas scoppiata il 7 ottobre 2023 e ha attirato a Biden le critiche dei repubblicani e di molti operatori umanitari attuali e passati.

L’impresa mette anche in evidenza la crisi umanitaria a Gaza e le difficoltà del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu a chiudere il conflitto, entrambi i temi al centro dell’attenzione durante la sua visita a Washington questa settimana.

Il Pentagono ha rimandato chi faceva domande sul molo alle osservazioni fatte durante un briefing del 17 luglio dal viceammiraglio Brad Cooper, vice-comandante al CENTCOM degli Stati Uniti. In quell’occasione, Cooper ha dichiarato che la missione è stata un successo, con la consegna della più grande quantità di aiuti mai ricevuta in Medio Oriente.

Mike Rogers, il repubblicano che guida la commissione di controllo sul Pentagono alla Camera dei Rappresentanti, ha definito il molo “una cosa imbarazzante”.

“Il molo è stato un calcolo politico mal concepito dall’amministrazione Biden”, ha dichiarato Rogers alla Reuters.

Niente truppe sul terreno

Con l’aumento dell’allarme per la crisi umanitaria a Gaza nel 2023, Curtis Reid, capo dello staff del Consiglio di Sicurezza Nazionale (NSC) della Casa Bianca, è stato incaricato di creare un gruppo di lavoro con diverse agenzie governative per esaminare i modi per aumentare gli aiuti a Gaza.

“Abbiamo chiesto alle agenzie di mettere sul tavolo tutto ciò che avevano”, ha detto l’ex alto funzionario. Il Pentagono ha quindi iniziato a valutare le opzioni.

Alla richiesta di un commento, l’NSC ha confermato che c’erano state delle discussioni tra le agenzie su potenziali opzioni politiche.

“Grazie a questo lavoro, siamo stati in grado di far avanzare la fornitura di assistenza umanitaria a Gaza, utilizzando ogni strumento possibile”, ha dichiarato Adrienne Watson, portavoce dell’NSC.

Quando il capo del Comando Centrale dell’esercito, il generale Michael “Erik” Kurilla, ha inizialmente informato il Segretario alla Difesa Lloyd Austin sulla missione del molo, la sua prima proposta prevedeva un numero limitato di truppe statunitensi a terra, temporaneamente, per collegare il molo alla costa, ha detto l’ex funzionario.

Ma Austin sapeva che la Casa Bianca si opponeva al dispiegamento di forze statunitensi a Gaza e ha chiesto a Kurilla di tornare indietro e rielaborare la proposta, secondo quanto dichiarato dall’attuale funzionario statunitense e dall’ex funzionario.

Kurilla ha creato un piano per addestrare le forze israeliane a installare il molo sulla costa senza sbarcarvi, ha aggiunto l’ex funzionario. Le forze israeliane hanno poi portato a termine il piano. L’ufficio del primo ministro israeliano e il ministero della Difesa hanno rinviato le domande sul molo fatte dalla Reuters alle forze armate statunitensi.

Il Comando Centrale di Kurilla ha rifiutato di commentare in via ufficiale. Un funzionario della difesa statunitense, parlando a condizione di anonimato, ha smentito la notizia e ha detto che “l’intervento a terra non è mai stato preso in considerazione”.

Funzionari attuali e precedenti hanno descritto il Comando Centrale come estremamente fiducioso che il progetto del molo avrebbe avuto successo.

Il CENTCOM e il generale Kurilla, fin dal primo giorno, sono stati coerenti nel dire: “Possiamo farcela”, ha detto l’ex funzionario statunitense.

Il primo colpo di sfortuna è arrivato l’11 aprile, quando è scoppiato un incendio nella sala macchine della “2nd Lt. John P. Bobo”, una nave della Marina che trasportava parte del sistema per il molo nel Mediterraneo.

L’equipaggio ha spento l’incendio, ma la nave è dovuta tornare negli Stati Uniti.

Onde oltre un metro e mezzo

Il tempo è stato un problema ancora più grande.

Un primo avvertimento delle sfide poste dal mare mosso è arrivato l’estate scorsa, quando le truppe statunitensi tentavano di installare il molo su una costa australiana durante un’esercitazione militare.

Il mare era troppo mosso, ha dichiarato a Reuters un ufficiale militare che ha lavorato direttamente all’esercitazione del molo.

Alla fine, i soldati non sono riusciti a collegare il molo alla spiaggia e hanno portato a terra i rifornimenti usando delle barche per colmare il divario tra l’estremità del molo galleggiante e la spiaggia.

Gli ufficiali statunitensi riconoscono che il clima mediterraneo era preoccupante. Ma non erano preparati alle condizioni del mare che si sono rivelate pessime.

“Le previsioni che avevano (erano) fondamentalmente che lo stato del mare fino circa a settembre sarebbe stato del ‘grado tre’ o meno”, cioè che le onde non avrebbero superano il metro e mezzo.

Invece, le onde hanno rotto il molo solo nove giorni dopo la sua entrata in funzione, il 16 maggio. I danni erano così gravi che è stato necessario trasferirlo nel porto israeliano di Ashdod per le riparazioni.

L’incidente si sarebbe poi ripetuto continuamente, con il maltempo che ha tenuto il molo sempre inattivo, tranne 20 giorni. C’era voluto il doppio di questo tempo per portare il sistema attraverso il mare fino a Gaza.

Sebbene non ci siano stati morti o attacchi diretti al molo, a maggio tre soldati statunitensi hanno subito ferite non da combattimento a causa dei lavori del molo, e uno è stato evacuato in condizioni critiche.

Distribuzione di aiuti sovrastimata

Anche la distribuzione di cibo, ripari e cure mediche portate a terra attraverso il molo si è rivelata più difficile del previsto.

Le forze armate statunitensi puntavano ad arrivare a 150 camion di aiuti al giorno dal molo.

Ma poiché il molo è stato operativo solo per un totale di 20 giorni, l’esercito afferma di aver trasferito a Gaza un totale di soli 19,4 milioni di chili di aiuti. Si tratterebbe di circa 480 camion di aiuti consegnati in totale dal molo, in base alle stime del Programma Alimentare Mondiale dell’inizio di quest’anno sul peso trasportato da un camion.

Le Nazioni Unite affermano che sono necessari circa 500 camion di aiuti al giorno per rispondere ai bisogni dei palestinesi di Gaza [quindi più di quelli arrivati in 20 giorni dal molo].

Pochi giorni dopo che le prime spedizioni di aiuti venivano trasportate dal molo di Gaza, la folla affamata ha travolto i camion e ne ha portato via una parte.

L’uccisione da parte di Israele di sette lavoratori della World Central Kitchen ad aprile e l’uso di un’area vicino al molo per inscenare una missione di recupero di ostaggi a giugno hanno intaccato la fiducia delle organizzazioni umanitarie, sulle quali gli Stati Uniti contavano per trasportare i rifornimenti dalla riva e distribuirli ai residenti.

Un alto funzionario della difesa statunitense ha riconosciuto che la consegna degli aiuti “si è rivelata forse più impegnativa di quanto previsto dai pianificatori”.

Un ex funzionario ha detto che Kurilla aveva sollevato fin dall’inizio il problema della distribuzione.

“Il generale Kurilla è stato molto chiaro al riguardo: ‘Posso fare la mia parte e posso occuparmi della distribuzione se mi incaricate di farlo’”, aveva detto l’ex funzionario.

“Ma questo era esplicitamente escluso dall’incarico. Così ci siamo affidati a queste organizzazioni internazionali”.

Attuali ed ex funzionari statunitensi hanno dichiarato alla Reuters che le Nazioni Unite e le stesse organizzazioni umanitarie hanno sempre mostrato una certa freddezza riguardo al molo.

A marzo, in occasione di un incontro a porte chiuse tra funzionari statunitensi e organizzazioni umanitarie a Cipro, Sigrid Kaag, coordinatrice delle Nazioni Unite per gli aiuti umanitari e la ricostruzione di Gaza, ha offerto un tacito sostegno al progetto del molo di Biden.

Ma Kaag ha sottolineato che la preferenza delle Nazioni Unite era per “terra, terra, terra”, secondo due persone che hanno informazioni sulle discussioni.

Le Nazioni Unite hanno rifiutato di commentare l’incontro. Hanno fatto riferimento a un briefing di lunedì in cui un portavoce dell’organizzazione ha affermato che le Nazioni Unite apprezzano ogni modo per far arrivare gli aiuti a Gaza, compreso il molo, ma è comunque necessario un maggiore accesso attraverso le vie terrestri.

La preoccupazione delle organizzazioni umanitarie era che Biden, sotto pressione da parte dei colleghi democratici per l’uccisione di civili a Gaza da parte di Israele, spingesse per una soluzione che nel migliore dei casi sarebbe stata una soluzione temporanea e nel peggiore avrebbe tolto pressione al governo di Netanyahu per l’apertura di vie terrestri a Gaza.

Dave Harden, ex direttore della missione USAID in Cisgiordania e a Gaza, ha descritto il progetto del molo come un “teatro umanitario”.

“Ha alleggerito la pressione, purtroppo, sul fatto che i valichi di frontiera (terrestri) devono funzionare in modo più efficace”.

Servizio di Phil Stewart e Idrees Ali, edito da Don Durfee e Alistair Bell

Phil Stewart ha lavorato in oltre 60 Paesi, tra cui Afghanistan, Ucraina, Siria, Iraq, Pakistan, Russia, Arabia Saudita, Cina e Sud Sudan. Pluripremiato reporter di sicurezza nazionale con sede a Washington, Phil è apparso su NPR, PBS NewsHour, Fox News e altri programmi e ha moderato eventi sulla sicurezza nazionale, tra cui il Reagan National Defense Forum e il German Marshall Fund. Ha ricevuto il premio Edwin M. Hood per la corrispondenza diplomatica e il premio Joe Galloway.

Idrees Ali è corrispondente per la sicurezza nazionale con sede al Pentagono di Washington D.C. Si occupa delle attività e delle operazioni militari statunitensi nel mondo e del loro impatto. Ha effettuato reportage da oltre due dozzine di Paesi, tra cui Iraq, Afghanistan e gran parte del Medio Oriente, dell’Asia e dell’Europa. Da Karachi, Pakistan.

https://www.reuters.com/world/how-bidens-gaza-pier-project-unraveled-2024-07-25

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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