Middle East Eye, 15 maggio 2022.
Dopo 74 anni, la pulizia etnica dei palestinesi non è ancora stata affrontata. Per porvi fine, l’Occidente deve chiederne conto a Israele.
Il 15 maggio, il popolo palestinese ricorda la Nakba, o catastrofe, quando nel 1947-48 più di due terzi della popolazione furono sfollati con la forza dalle proprie case e dalle proprie terre per far posto a una popolazione a maggioranza ebraica: Israele.
Questa pulizia etnica, perché di questo si trattò, rimane ancora oggi senza risposta a 74 anni di distanza. E rimane la chiave per qualsiasi risoluzione del conflitto tra Palestina e Israele. Ma non solo non viene affrontata: è tuttora in corso. Due esempi:
All’inizio di maggio, una sentenza dell’Alta Corte di Giustizia israeliana ha dato il via libera all’esercito israeliano di trasferire con la forza più di 1.000 palestinesi dalle loro case e villaggi a Masafer Yatta, vicino a Hebron, nella Cisgiordania occupata.
Si tratta di un trasferimento forzato di popolazione che è illegale secondo il diritto internazionale. È ciò che le bande sioniste fecero in massa alla popolazione palestinese nel 1948, prima di spianare al suolo le centinaia di villaggi che avevano costretto a lasciare.
Ai rifugiati creati allora, compresi i miei genitori e la mia famiglia, non è mai stato permesso di tornare alle loro case e alle loro terre. Anche questo è in contrasto con il diritto internazionale, in base al quale i rifugiati hanno diritto al ritorno.
Chissà cosa farà Israele ai 1.000 sfortunati le cui case sono ora minacciate.
Poi c’è stata l’uccisione, l’11 maggio, della mia amica Shireen Abu Akleh, veterana corrispondente di Al Jazeera in Palestina. A prescindere dai tentativi dei funzionari israeliani di deviare la colpa dei fatti e diffondere disinformazione, non c’è dubbio che sia stata uccisa da un proiettile israeliano. E non ci sono dubbi sulla brutalità dell’apartheid israeliano durante il suo funerale a Gerusalemme Est occupata.
Israele ha certamente una sua formula per il successo. Almeno 46 giornalisti sono stati uccisi dal 2000. Nessuno è stato chiamato a risponderne perché a Israele è sempre permesso di indagare su se stesso, con risultati prevedibili.
È stato aperto un procedimento contro Israele presso la Corte Penale Internazionale per l’uccisione di quattro giornalisti a Gaza – Ahmed Abu Hussein, Yaser Murtaja, Muath Amarneh e Nedal Eshtayeh – e per aver deliberatamente preso di mira le sedi dei media a Gaza durante l’assalto militare dello scorso maggio.
Impunità israeliana
A prescindere da ciò che accadrà in quel caso, il nocciolo della questione è la facilità con cui Israele uccide e si sottrae alle proprie responsabilità, senza che la comunità internazionale si accorga di nulla.
Per esempio, in aprile, mentre il Regno Unito ha “condannato” volentieri all’ONU gli attacchi contro gli israeliani, il suo governo si è detto solo “preoccupato” per la perdita, molto più consistente, di vite umane da parte dei palestinesi.
Dal 1948, infatti, Israele è stato raramente, se non mai, chiamato a rispondere delle sue violazioni del diritto internazionale, del diritto umanitario internazionale e della dignità e dei diritti del popolo palestinese.
Per chiunque sia interessato a una soluzione giusta e pacifica, questa situazione deve cambiare. Ed è evidente che Israele non farà alcun passo in questa direzione senza una ferma pressione internazionale.
È quindi deplorevole che il governo britannico faccia l’esatto contrario. Piuttosto che chiedere a Israele di rispettare gli stessi standard di tutti gli altri paesi, standard che vengono proclamati a gran voce sull’Ucraina, il Regno Unito sta invece premiando Israele, da ultimo con un nuovo accordo commerciale.
È una strategia incomprensibile. Da un lato, il Regno Unito ritiene che l’occupazione di Israele della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e della Striscia di Gaza sia un’occupazione militare illegale. Questo comporterebbe alcune responsabilità. Secondo il diritto internazionale, per esempio, gli insediamenti che Israele ha costruito e continua a costruire all’interno del territorio occupato non sono solo trasgressioni della legge, ma sono crimini di guerra.
Dall’altro lato, invece di sanzionare Israele per questo comportamento, 55 anni dopo l’inizio dell’occupazione, il Regno Unito è impegnato a rafforzare le relazioni con Israele.
Disinteresse per il diritto internazionale
Qual è la lezione che Israele e altri impareranno? Se piaci ai paesi potenti, puoi fare quello che vuoi. Uccidere un giornalista, annetterti un territorio occupato, mettere in atto un sistema di apartheid contro la popolazione nativa della terra che hai invaso.
Non importa. Il diritto internazionale è solo un giochetto per i potenti.
Ben altro dovrebbe essere importante per il Regno Unito. La Gran Bretagna è stata uno dei principali promotori dell’ordine globale basato sulle regole nel secondo dopoguerra.
Permettere a Israele di violare palesemente e ripetutamente il diritto internazionale, le risoluzioni internazionali e gli standard globali sui diritti umani significa minare quell’ordine.
Ciò avrà conseguenze catastrofiche, poiché le persone perderanno la fiducia e il rispetto per il diritto internazionale.
La Gran Bretagna è anche il Paese che, con la dichiarazione Balfour, ha dato il via all’intera questione della Palestina, regalando ad altri la nostra terra.
Questo è semplicemente l’atto di una potenza coloniale che non si cura dei desideri della popolazione indigena.
La buona notizia è che, a giudicare dal numero di partecipanti alle proteste per i diritti dei palestinesi nelle strade di Londra e di altre città del Regno Unito, l’accondiscendenza e la difesa dell’apartheid israeliano da parte del Regno Unito non è popolare.
Il disgusto popolare e l’attivismo diffuso hanno alla fine costretto, negli anni Ottanta, un governo britannico e altri governi occidentali riluttanti ad agire contro il Sudafrica dell’apartheid.
Sarebbe bello se alcuni politici del Regno Unito, degli Stati Uniti e dell’Occidente in generale avessero imparato la lezione di allora e avessero anticipato il cambiamento che si sta avvicinando.
L’ambasciatore Husam Zomlot è il capo della missione palestinese nel Regno Unito.
https://www.middleeasteye.net/opinion/israel-palestine-nakba-britain-rewards-war-crimes
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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