La posizione della Germania sulla Palestina: due volte dalla parte sbagliata della storia?

di Ilan Pappe,

Palestine Chronicle, 9 maggio 2022.   

Attivisti che protestano contro la risoluzione anti-BDS adottata dal parlamento tedesco. (Per gentile concessione del sito web BDS)

Non c’è dubbio che la Germania nazista era dalla parte sbagliata della storia, e c’è voluto un enorme sforzo internazionale per portare la Germania dall’altra parte dopo la fine della seconda guerra mondiale. Un modo nobile di farlo è stato quello di rafforzare le basi democratiche della Germania post-nazista, e di riscrivere i suoi programmi educativi, oltre a garantirle un ruolo di primo piano nella lotta contro il razzismo nel cuore del continente. Tutto ciò è stato completato da un nobile tentativo di regolare l’industria locale degli armamenti e le esportazioni di armi in modo da assicurare un processo di riparazione il più completo possibile.

Tuttavia, un elemento importante di questa riparazione, ancora ritenuto cruciale dal sistema politico tedesco, è il sostegno incondizionato a Israele. Questo dà l’impressione che la Germania, come Stato, possa sbagliare di nuovo. Questa volta, è molto meno drammatico della precedente deviazione dalla normalità e dall’umanità, tuttavia è altamente preoccupante e profondamente deludente che la Germania come Stato –e speriamo non la sua società– non abbia recepito pienamente e onestamente le lezioni morali che la sua storia più oscura avrebbe dovuto insegnarle.

La Germania, cioè la Germania Ovest fino alla fine degli anni ’80, e l’Occidente in generale, credevano che la strada per la riabilitazione e la riammissione della Germania Ovest alle “nazioni civilizzate” dovesse passare attraverso la legittimazione della colonizzazione della Palestina. Così, tre anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’Occidente chiedeva al mondo di concedere, simultaneamente, la legittimazione della nuova Germania e la creazione di uno Stato ebraico su gran parte della Palestina storica, come se le due richieste fossero logicamente e, peggio ancora, moralmente collegate. Di conseguenza, Israele divenne uno dei primi stati a dichiarare l’esistenza di una “nuova Germania”, in cambio di un sostegno incondizionato alle sue politiche, integrato da enormi aiuti finanziari e militari da parte della Germania Ovest.

Dopo l’unificazione della Germania e il ruolo egemonico che ha giocato da allora nelle politiche estere dell’UE, la posizione tedesca su Israele e Palestina è diventata fondamentale e ha influenzato la politica generale del continente. Solo recentemente, quelli di noi che sono attivi per e a favore della Palestina hanno notato la strada scivolosa sulla quale la Germania –come stato– slitta ancora una volta sul lato sbagliato della storia.

Era inevitabile che ampi settori della società civile tedesca, specialmente tra le giovani generazioni, navigassero con successo tra il riconoscimento del passato nazista e le loro priorità morali contemporanee, locali e internazionali. In effetti, il passato ha prodotto una generazione di giovani tedeschi coscienziosi che si uniscono ad altri in Occidente nella lotta per i diritti umani e civili, ovunque siano violati.

Per qualsiasi tedesco con un minimo di decenza, era impossibile escludere da questa conversazione morale le politiche razziste israeliane. Il risultato inevitabile è stato l’emergere di un forte movimento tedesco di solidarietà con il popolo palestinese e con la sua giusta lotta di liberazione.

Come è successo altrove, in particolare dopo la Prima Intifada, e ancora di più in questo secolo, Israele ha reagito con forza a questo cambiamento dell’opinione pubblica europea. Quando questo originale impulso di solidarietà è cresciuto in un massiccio movimento sociale, galvanizzato e incoraggiato da iniziative come il BDS – Israele è sceso in guerra. Israele ha armato l’antisemitismo e l’islamofobia per spingere il sistema politico tedesco a fare di tutto per mettere a tacere le voci più coscienziose della sua società civile.

Ho sperimentato il risultato di questa campagna. Ogni tanto, le mie conferenze in Germania venivano annullate all’ultimo momento, e gli organizzatori dovevano spostare me e altri oratori in sedi alternative, organizzate in fretta e furia e con poco tempo per ripubblicizzare gli eventi, ciò che era lo scopo principale di questi atti di intimidazione dall’alto.

La politica tedesca si è deteriorata ulteriormente e ancora più profondamente in un abisso morale quando, il 17 maggio 2019, quasi tre anni fa, il parlamento federale tedesco –il Bundestag– ha approvato una risoluzione in cui il movimento BDS veniva condannato come antisemita. Le istituzioni governative della Germania sono state invitate a non sostenere alcuna attività del movimento BDS o di qualsiasi gruppo che “è antisemita e/o chiede il boicottaggio degli israeliani, delle aziende e dei prodotti israeliani”. Questa insolita mossa del parlamento è stata approvata consensualmente da tutti i partiti politici: i partiti dell’Unione Cristiana (CDU e CSU), i socialdemocratici (SPD), il partito liberale (FDP) e il partito dei Verdi.

La logica distorta di questa risoluzione si basa sull’equiparare all’antisemitismo ogni critica di Israele e del sionismo. Da quando è stata approvata, questa risoluzione ha portato alla cancellazione di eventi accademici e culturali associati alla Palestina o –cosa ancor più draconiana– è stata applicata a qualsiasi evento organizzato da persone note per essere pro-palestinesi. Inoltre, i cittadini tedeschi rischiavano di perdere il lavoro e di mettere in pericolo le loro prospettive di carriera se partecipavano a manifestazioni pro-palestinesi o a qualsiasi atto di solidarietà.

Nella sua politica estera generale, la Germania non è diversa dagli altri stati membri dell’UE. Una politica che è un misto di indifferenza verso gli abusi di Israele sui diritti dei palestinesi, associata a un rafforzamento dei legami strategici, militari ed economici con Israele. Allo stesso tempo, la Germania segue i gruppi di pressione pro-Israele nel tentativo di far cadere i politici che osano identificarsi con la causa palestinese e soffoca qualsiasi dibattito significativo sul sionismo e sulla politica di Israele. In Germania, tuttavia, la politica del silenziamento è ancora più draconiana, e gli aiuti militari e i collegamenti economici sono ancora più forti che in qualsiasi altro Stato membro dell’UE.

E questo avviene non solo per timore di Israele o per senso di colpa riguardo all’Olocausto. Questi fattori sono certamente importanti, ma c’è un’altra storia più oscura che la Germania ufficiale non vuole affrontare. Anche una discussione relativamente sommaria sulle responsabilità della Germania per la sofferenza dei palestinesi mostrerà chiaramente che è stata la Germania post-nazista a permettere al mondo di assolvere, non solo la Germania occidentale ma l’Europa intera, dall’Olocausto, grazie al suo pieno sostegno all’espropriazione dei palestinesi. Per riabilitarsi, è stato molto più facile scegliere questa strada piuttosto che affrontare adeguatamente, non solo l’antisemitismo, ma tutte le forme di razzismo europeo, che si manifesta principalmente oggi come islamofobia, ma anche come razzismo contro le minoranze “non europee” o “non bianche” in tutto il continente.

La politica di Israele nei confronti dei palestinesi è razzista fino al midollo, e non si possono creare gerarchie di razzismo o un club di razzismo “accettato” o legittimo. Ci si sarebbe aspettati che la Germania guidasse la campagna antirazzista, non solo in Europa ma nel mondo intero, invece di guidare il sostegno, come stato, a uno dei più lunghi progetti razzisti dei nostri tempi nella terra storica della Palestina.

Non si sa quando e come questa posizione tedesca errata e immorale tornerà a tormentare la Germania. Ciò che è chiaro, e incoraggiante, è che c’è un gran numero di tedeschi che non vogliono finire su questa strada scivolosa e stanno facendo tutto il possibile per fermare questo deterioramento immorale e chiedere la creazione di quella vera “nuova” Germania, che tutti noi desideriamo come esseri umani coscienziosi e morali.

Ilan Pappé è professore all’Università di Exeter. In precedenza è stato docente senior di scienze politiche all’Università di Haifa. È autore di La pulizia etnica della Palestina, Il Medio Oriente moderno, Una storia della Palestina moderna: Una terra, due popoli, e Dieci miti su Israele. Pappé è descritto come uno dei “nuovi storici” israeliani che, dopo la pubblicazione nei primi anni ’80 di documenti governativi britannici e israeliani, hanno riscritto la storia della creazione di Israele nel 1948.

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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