Calunnie e Antisemitismo

Alessandra Mecozzi11 Febbraio 2022

Il ministro degli esteri israeliano, Yair Lapid, definisce “prive di fondamento, faziose e antisemite” le accuse contenute nel rapporto di 270 pagine reso pubblico a inizio febbraio da Amnesty International e intitolato Apartheid israeliano contro i Palestinesi. Un crudele sistema di dominazione e un crimine contro l’umanità. Agnes Callamard, la segretaria dell’organizzazione, nota per basare le sue affermazioni su fatti documentati grazie a ricercatori sul campo che verificano le violazioni dei diritti umani, aggiunge che la risposta internazionale all’Apartheid non deve più limitarsi a blande condanne e a formule ambigue. Se non se ne affronteranno le cause di fondo, palestinesi e israeliani rimarranno intrappolati nel ciclo di violenza che ha distrutto così tante vite. D’altra parte, le stesse conclusioni sono argomentate da tempo da molti altri osservatori internazionali, come Human Rights Watch, e dalle stesse associazioni israeliane per la tutela dei diritti umani. Quel che si rileva più raramente è che le affermazioni calunniose verso Amnesty e gli altri svuotano di significato in primo luogo proprio la lotta contro un sistema nefasto di idee e pratiche che esiste da ben prima dell’Olocausto ed è tutt’ora drammaticamente ben vivo. Nella velenosa costruzione dell’”altro da noi”, i bersagli e i capri espiatori possono cambiare facilmente di nazionalità, ruolo sociale, ecc. Fino a generare quel che parrebbe impensabile: le vittime del razzismo, in differenti condizioni storiche, ne diventano protagoniste o complici. Sarebbe di enorme importanza, come rileva Alessandra Mecozzi, che questi temi e le conoscenze storiche e culturali ad essi connesse, fossero analizzati e discussi in libertà e in profondità nelle scuole e negli altri ambiti educativi. Il fatto che non lo si faccia e si riducano problemi complessi a quattro semplicistiche affermazioni sull’odio e la tolleranza sta dando frutti evidenti.

Accusa non sorprendente, dato che da anni Israele bolla come “antisemita” chiunque esprima critiche nei confronti delle sue politiche oppressive e violente nei confronti della popolazione palestinese, sia nei Territori occupati, a Gaza e Gerusalemme est che sul territorio israeliano. La infamante accusa ha colpito in Europa persone ed iniziative nel mondo educativo e universitario, nel mondo della cultura, dello spettacolo, talvolta anche in quello politico, spesso utilizzando come arma contundente quella definizione di antisemitismo prodotta dall’International Holocaust Remembrance Alliance (2016), criticata, anche all’interno di Israele: oltre 200 accademici vi hanno risposto con la Dichiarazione di Gerusalemme. https://jerusalemdeclaration.org/ Lo stesso creatore della definizione IHRA, Kenneth Stern, dell’ American Jewish Committee, dichiarava su The Guardian del 19 dicembre 2019,  “Io l’ho scritta …principalmente affinché i raccoglitori di dati europei potessero sapere cosa includere ed escludere, mai l’ho intesa per silenziare il dibattito…Gli ebrei di destra ne stanno facendo un’arma!”.

Foto tratta dal rapporto  Apartheid israeliano contro i Palestinesi

Il rapporto di AI, in modo estremamente accurato e basandosi su centinaia di fonti da remoto e sul campo, fa conoscere la realtà nella quale da decenni i palestinesi sono cacciati dalle loro terre e case, discriminati, uccisi come ha dichiarato la segretaria generale di AI Agnès Callamard: “Dalla sua costituzione nel 1948, Israele ha portato avanti politiche per istituire e mantenere una maggioranza demografica ebrea e per massimizzare il controllo sulle terre e sulle risorse a vantaggio degli ebrei israeliani. Nel 1967 Israele ha esteso tali politiche alla Cisgiordania e alla Striscia di Gaza. Oggi tutti i territori controllati da Israele continuano a venire amministrati allo scopo di beneficiare gli ebrei israeliani a scapito dei palestinesi, mentre i rifugiati palestinesi continuano a essere esclusi”.

Senza addentrarci nel dettaglio di un rapporto che può essere letto sia nella sua sintesi che integralmente nel sito amnesty.it, vanno segnalate le raccomandazioni alla comunità internazionale e ai governi in esso contenute.  

La risposta internazionale all’apartheid non deve più limitarsi a blande condanne e a formule ambigue. Se noi non ne affronteremo le cause di fondo, palestinesi e israeliani rimarranno intrappolati nel ciclo di violenza che ha distrutto così tante vite. Israele deve smantellare il sistema dell’apartheid e iniziare a trattare i palestinesi come esseri umani con uguali diritti e dignità. Se non lo farà, la pace e la sicurezza resteranno una prospettiva lontana per gli israeliani come per i palestinesi”, ha concluso Callamard.

Viene chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di imporre sanzioni mirate, come divieti di viaggio e congelamento dei beni nei confronti di rappresentanti istituzionali israeliani maggiormente implicati nel crimine di apartheid e, inoltre, un embargo internazionale totale sulle armi dirette a Israele, in modo da impedire a Israele di commettere crimini di guerra e altre gravi violazioni dei diritti umani. Non vengono chieste sanzioni economiche ad ampio raggio né sanzioni che non siano mirate. Infine, dato che nel marzo 2021 l’ufficio della Procuratrice della Corte Penale Internazionale ha annunciato l’avvio di un’indagine sulla situazione in Palestina, intesa, dal punto di vista della sua giurisdizione territoriale, come Gaza e la Cisgiordania, compresa Gerusalemme est occupata, viene chiesto che il crimine contro l’umanità di apartheid, commesso in questi luoghi, venga incluso nella sua indagine.

Bansky, graffiti sul muro in Palestina.

Far conoscere la realtà storica e attuale per contrastare l’antisemitismo
L’ utilizzo indiscriminato dell’accusa di antisemitismo, nei confronti delle critiche alle insostenibili politiche di Israele, mi ha spinto a leggere le recenti Linee guida sul contrasto all’antisemitismo nelle scuole italiane diffuse dal Ministero della Pubblica istruzione (sul sito del Ministero novembre 2021), dichiaratamente ispirate dalla definizione IHRA.
Il tema è di grande rilievo,  in modo particolare in ambito educativo,  come lo è il tema del razzismo così presente nelle nostre società, e non adeguatamente  contrastato nelle scuole.
Nel documento ministeriale, su cui mi limito a qualche osservazione,  viene messa, giustamente, in discussione l’equazione Israele = tutti gli ebrei, ma “se non è in discussione il diritto/dovere alla critica verso i singoli governi israeliani e le loro politiche“, come può il Governo israeliano tacciare di antisemitismo il rapporto di Amnesty?  Paradossalmente, l’ equazione viene usata da Israele, quando si vuole rappresentante e voce di tutti gli ebrei, demonizzando le varie voci critiche verso le sue politiche, di personalità e di comuni cittadine e cittadini, in Israele e fuori di esso.
Le linee guida ministeriali, non sembrano considerare quanto emerso, non da oggi e anche da fonti israeliane, in termini di denunce dell’occupazione e del sistema di apartheid, di risoluzioni delle Nazioni Unite e di Convenzioni Internazionali, che non mettono in discussione l’esistenza dello Stato, ma se mai affermano il diritto all’autodeterminazione anche dei palestinesi.
Se è indiscutibile l’unicità dell’orrore nazista della Shoah, che insieme a 6 milioni di ebrei ha sterminato  milioni di  zingari, omosessuali, testimoni di Geova, oppositori politici, non è possibile negare che il sionismo abbia rappresentato da un certo momento, almeno dall’inizio del XX secolo e in collegamento con il colonialismo europeo, un progetto coloniale di insediamento  (sostituzione di una popolazione con un’altra) che ha portato alla fondazione violenta dello Stato di Israele, la cui colonizzazione prosegue… Assimilarlo ai movimenti nazionali come quello del Risorgimento in Italia, è una distorsione della storia.  Parlando di storia, non di mitologia, lo spazio della discussione e della critica è di vitale importanza, soprattutto in ambito educativo. Attribuire, come si legge, alla critica il carattere di ideologia politica non fa un buon servizio all’ educazione scolastica.
Accuse di antisemitismo e intolleranza verso una narrativa critica, non apologetica,  che ascolti, rappresenti e dia voce a palestinesi, vanno di pari passo. Come si spiegano altrimenti i numerosi esempi di intolleranza manifestata verso iniziative che mettono in luce la violenza e i crimini operati dai governi di Israele, la sofferenza e la resilienza palestinesi?  Ricordo la richiesta di chiudere a Torino la mostra storica fotografica sui profughi palestinesi dell’ UNRWA, le aule universitarie negate ad iniziative di discussione con ospiti israeliani e palestinesi; recentemente il polverone sollevato contro un festival di cultura palestinese a Roma! 
E in Europa la definizione IHRA è stata utilizzata come “arma” per  minacciare Istituzioni universitarie che non intendano adottarla per la sua ambiguità e la conseguente  confusione che crea soprattutto in campo educativo. Un esempio: in Gran Bretagna, la maggior parte delle università ha adottato la definizione  dell’IHRA a seguito delle minacce del governo di Boris Johnson lo scorso anno di tagliare i fondi a chiunque si fosse opposto. 
L’uso indiscriminato del termine antisemitismo lo rende contraddittorio e amorfo, lo svuota di ogni significato e, cosa ancor più grave, indebolisce proprio la lotta al vero antisemitismo. L’altro grande danno che questo uso incontrollato e improprio dell’accusa di antisemitismo sta facendo è la limitazione della discussione e dell’approfondimento, della conoscenza e della cultura in ambiti educativi, dove al contrario, dovrebbero essere il più libere possibile. 
Per concludere, è certo necessario lottare contro l’antisemitismo, ma è soprattutto indispensabile lottare per la conoscenza. .  Amnesty ha messo online un corso  ai diritti umani sull’apartheid in tutte le lingue, compreso l’ebraico. Se anche il  suo rapporto venisse portato e adeguatamente spiegato nelle scuole, sarebbe uno strumento davvero utile…..
Sulla polemica innescata dal Rapporto di Amnesty, si consiglia di leggere anche il commento del giornalista israeliano Gideon Levy intitolato “Il rapporto che smaschera le bugie di Israele”

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