The Electronic Intifada, 26 novembre 2021.
I sostenitori di Israele si sono incontrati all’inizio di questo mese in Europa per discutere degli aiuti all’Autorità Palestinese.
L’incontro offre una lezione su come gli stati terzi usano gli aiuti per sollevare Israele dai suoi obblighi di diritto internazionale e per prolungare ed esacerbare l’attuale stato di estrema ingiustizia in Palestina.
Le dichiarazioni fatte dagli stati terzi alla conferenza dei donatori dimostrano un’adesione totale alla rinnovata occupazione militare perpetua e all’annessione de facto della terra palestinese da parte del nuovo governo israeliano.
Questo approccio è stato articolato chiaramente questa settimana da Ayelet Shaked, la ministra degli interni di Israele che una volta ha scelleratamente promosso un appello a sterminare le madri palestinesi “che partoriscono piccoli serpenti”.
“Non c’è una vera soluzione al conflitto israelo-palestinese”, ha detto Shaked a The Hill. “Dovremmo gestire il conflitto, non risolverlo”.
Ciò che Shaked intendeva, come ha spiegato l’analista Josh Ruebner, è che “Israele dovrebbe esercitare un regime di apartheid permanente sui palestinesi”.
Il ministro degli Esteri norvegese ha apparentemente avallato questo punto di vista, chiedendo che l’occupazione israeliana sia un po’ meno pesante per i palestinesi, ma non che finisca del tutto.
La Norvegia presiede le riunioni del Comitato di Collegamento ad hoc in cui gli stati terzi negoziano gli aiuti all’Autorità Palestinese con la partecipazione di funzionari israeliani. La loro ultima riunione si è tenuta il 17 novembre.
L’obiettivo dichiarato del comitato è quello di “sviluppare le basi istituzionali ed economiche per uno stato palestinese basato su una soluzione negoziata a due stati”.
Ma il governo israeliano –attualmente guidato da Naftali Bennett, leader dello stesso partito Yamina di Shaked– rifiuta candidamente la creazione di uno stato palestinese, senza che ciò causi alcuna reazione da parte dei suoi amici internazionali.
Due pesi e due misure
I doppi standard accettati sono sbalorditivi.
Mentre abbracciano calorosamente i criminali di guerra israeliani che rifiutano la pace, i funzionari USA, ONU e UE trattano Hamas come un paria per il suo rifiuto di principio di arrendersi a Israele secondo gli accordi di Oslo.
Per questa presa di posizione a sostegno dei loro diritti, i palestinesi di Gaza hanno sopportato il blocco economico israeliano per più di 15 anni, pagando con le loro vite e i loro mezzi di sussistenza.
L’ONU, l’UE e la Banca Mondiale hanno dato il loro timbro di approvazione al crudele assedio di Israele, dichiarando falsamente che esso è stato imposto “a causa di problemi di sicurezza”, piuttosto che come una forma di guerra per cambiare regime a Gaza.
Nel suo rapporto al Comitato di Collegamento ad hoc di questo mese, l’UNSCO, una missione delle Nazioni Unite che rappresenta il segretario generale, riconosce che Hamas ha consolidato il suo potere e aumentato la sua capacità militare, nonostante l’assedio di Israele su Gaza.
Il blocco di Gaza è allo stesso tempo un crimine di guerra in quanto punizione collettiva e un fallimento politico per coloro che sostengono le ambizioni di Israele di cambiare regime nel territorio.
Ma invece di chiedere inequivocabilmente la revoca immediata del blocco, l’UNSCO esorta i palestinesi in Cisgiordania e Gaza a riunirsi “sotto un’unica struttura di governo” –presumibilmente, una struttura che non sfidi Israele.
Si chiede molto ai palestinesi che vivono sotto lo stivale dell’occupazione militare, ma non si chiede quasi nulla al loro oppressore.
Tel Aviv osa persino “implorare la comunità internazionale” perché faccia donazioni all’Autorità Palestinese, come ha detto recentemente Akiva Eldar, uno scrittore del quotidiano israeliano Haaretz.
Pur dichiarando apertamente che non ha intenzione di tornare al tavolo dei negoziati, ha aggiunto Eldar, Israele “chiede tuttavia che il mondo continui a fare l’ente soccorritore dell’Autorità Palestinese, cioè che i contribuenti americani, europei e giapponesi continuino a finanziare l’occupazione”.
Sollevare Israele dalle sue responsabilità
L’aiuto all’Autorità Palestinese –che, sulla carta, era intesa a servire come un organismo provvisorio verso la creazione di uno stato palestinese, ma in realtà serve come braccio di polizia per l’occupazione di Israele– solleva Israele dalle sue responsabilità finanziarie verso i palestinesi che vivono sotto la sua occupazione.
I fondi spesi da Israele prima della firma degli accordi di Oslo degli anni ’90 per provvedere al benessere di base dei palestinesi che vivono sotto occupazione sono ora a disposizione di Israele per alimentare la costruzione di insediamenti in Cisgiordania in violazione del diritto internazionale.
Secondo Eldar, la spesa di Israele per gli insediamenti “è aumentata di quattro volte” da quando è stato istituito il Comitato di Collegamento ad hoc.
Zvi Bar’el, un altro commentatore di Haaretz, scrive che “si potrebbe sostenere che ogni dollaro dato ai palestinesi ha liberato un dollaro israeliano per investire negli insediamenti”.
E così Israele ha approvato i piani per costruire più di 3.000 nuove case negli insediamenti in Cisgiordania due settimane prima della conferenza del Comitato di Collegamento ad hoc.
E ancora, gli stessi attori che gestiscono l’aiuto all’Autorità Palestinese non impongono alcuna condizione a Israele, che continua a godere di un posto al tavolo della conferenza internazionale dei donatori.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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1 commento su “Israele implora il mondo di continuare a pagare i conti della sua occupazione”