Il 6 settembre 2021, nelle prime ore del mattino, sei prigionieri politici palestinesi sono fuggiti dalla prigione di massima sicurezza di Gilboa attraverso un tunnel sotterraneo. Dei prigionieri evasi, tre sono stati classificati come prigionieri di massima sicurezza, quattro stavano scontando l’ergastolo e due erano detenuti in attesa di processo militare e relativa sentenza. Inoltre, uno dei prigionieri politici evasi era stato precedentemente implicato in un simile tentativo fallito nel 2014, per il quale era stato successivamente posto in isolamento per un anno. Subito dopo la fuga, i Servizi Carcerari Israeliani (IPS) e le forze di occupazione hanno iniziato il trasferimento forzato di oltre 350 prigionieri palestinesi della prigione di Gilboa verso destinazioni sconosciute.
Nello specifico, i prigionieri politici palestinesi che stavano scontando l’ergastolo nella sezione 2 della prigione di Gilboa sono stati inviati alle famigerate prigioni di massima sicurezza nel deserto di Ramon, Nafha e Naqab. Inoltre, l’IPS ha avviato ampi trasferimenti di prigionieri palestinesi associati al movimento della Jihad islamica detenuti in varie carceri israeliane; tra loro, diversi leader di spicco sono stati portati nei reparti per interrogatori del centro di detenzione di Kishon. In particolare, le forze dell’IPS e dello Shin Bet utilizzano abitualmente la tortura durante gli interrogatori, comprese aggressioni fisiche, percosse, posizioni dolorose e torture psicologiche, nonostante l’assoluto divieto di tortura previsto dal diritto internazionale. Le misure su vasta scala adottate dall’IPS, per volere delle autorità di occupazione israeliane, riguardo al trasferimento e all’interrogatorio dei prigionieri costituiscono una chiara forma di punizione collettiva vietata dall’articolo 33 della Quarta Convenzione di Ginevra.
Inoltre, l’IPS ha istituito un lockdown per tutte le prigioni e centri di detenzione israeliani, vietando contatti dall’esterno con oltre 4.700 prigionieri palestinesi, comprese le visite di familiari e avvocati. Il divieto di fatto delle visite degli avvocati solleva preoccupazioni in merito al monitoraggio delle violazioni dei diritti umani dei prigionieri, in particolare tortura e maltrattamenti. Esemplifica anche la repressione arbitraria, punitiva e di rappresaglia, già in corso e prevedibile per il futuro, da parte delle autorità israeliane di occupazione contro i prigionieri palestinesi.
Il regime di occupazione israeliano sfrutta sistematicamente ogni scusa per schierare le sue forze speciali nelle carceri, per attaccare e molestare prigionieri e detenuti palestinesi. Solo nel 2020, Addameer ha documentato più di 25 episodi di questo tipo. Durante questi attacchi, le forze speciali israeliane incatenano i prigionieri, spesso aggredendoli fisicamente senza tener conto delle loro condizioni mediche, utilizzano largamente gas lacrimogeni e spray al peperoncino, insieme a una pletora di altre tattiche per maltrattarli ulteriormente. Inoltre, le forze israeliane spesso confiscano gli effetti personali dei prigionieri e tutti i dispositivi elettronici e gli elettrodomestici nelle stanze della prigione. Le incursioni nelle carceri delle unità speciali delle forze di occupazione israeliane, di natura estremamente violenta, danno il via a una serie di abusi e violazioni dei diritti umani e servono da metodo di punizione collettiva, tortura e maltrattamento di prigionieri e detenuti palestinesi.
Vista l’urgenza della situazione, l’associazione Addameer Prisoner Support and Human Rights ha inviato il 6 settembre 2021 una lettera al capo del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) a Gerusalemme, invitando il CICR a monitorare il trasferimento dei restanti prigionieri palestinesi della prigione di Gilboa, a contattare le autorità di occupazione competenti perché forniscano informazioni sulla collocazione dei prigionieri trasferiti e informare i parenti dei prigionieri di dove si trovano. Addameer chiede inoltre al CICR di salvaguardare i diritti di tutti i prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane da punizioni arbitrarie, ritorsive e collettive imposte dall’IPS a seguito della fuga dei prigionieri.
Luisa Morgantini, Presidente di AssoPacePalestina, lancia un appello in cui sottolinea come ad oggi abbiano già perduto nuovamente la libertà 4 dei 6 palestinesi evasi dal carcere di massima sicurezza israeliano di Gilboa. “Abbiamo gioito della loro fuga e nello stesso tempo abbiamo avuto paura che sarebbero stati uccisi, ma poi abbiamo capito che Israele voleva mostrare la sua infallibilità e punirli con l’umiliazione di tornare in carcere. Ad oggi però il team di difesa dei prigionieri non ha avuto la possibilità di conoscere dove sono e di poterli vedere.
Sappiamo, come abbiamo già visto in passato, che il loro gesto di libertà costerà caro a tutti i prigionieri e alla popolazione palestinese. Israele imporrà, come suo solito, punizioni collettive, contrarie ad ogni legalità e non ne pagherà il prezzo, grazie alla complicità dei nostri governi.
A noi l’impegno di batterci per la liberazione di tutti i prigionieri e le prigioniere con la fine dell’occupazione militare, la colonizzazione e l’apartheid praticate dai governi israeliani.”
A cura di Giada Stella – AssoPacePalestina
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