I giovani palestinesi sono stufi dei loro leader. Le elezioni possono portare un cambiamento?

di Henriette Chacar,

 +972 Magazine, 22 aprile 2021. 

Giovani palestinesi protestano vicino alla barriera tra Israele e la Striscia di Gaza, 18 marzo 2010. Abed Rahim Khatib/Flash 90

Anas Osta non ha mai votato in vita sua, ma ora vuole che i Palestinesi votino per lui.

Quest’estate, i Palestinesi nei territori occupati voteranno alle elezioni parlamentari e presidenziali per la prima volta in 15 anni. Osta, 30 anni, è a capo di Nabd al-Balad (“il polso del paese” in arabo), una lista indipendente che cerca di rappresentare i giovani palestinesi e i loro interessi.

Osta non è solo: la metà degli aventi diritto al voto quest’anno ha un’età compresa tra i 18 e i 33 anni e non ha mai votato prima alle elezioni nazionali. Nonostante i sondaggi dimostrino che sono la fascia di età più disillusa nella società palestinese, molti giovani sembrano aver fiducia nelle elezioni, anche se non senza scetticismo. 

Osta proviene dal campo profughi di Askar a Nablus, ma la sua famiglia è originaria di Jaffa, da cui suo nonno era fuggito nel 1948 durante la Nakba. È il più giovane di quattro fratelli perché, ha detto, “le forze di occupazione hanno imprigionato mio padre un mese prima che io nascessi”. Osta ha poi vissuto più a lungo senza suo padre che con lui, un’infanzia comune a molti bambini palestinesi, ha detto.

A 22 anni, Osta è stato nominato direttore di Tawasal, un’organizzazione senza scopo di lucro che lavora per collegare i Palestinesi che vivono nei territori occupati con quelli che vivono in Israele e nella diaspora. Poi, nel 2017, ha fondato Qamat, un’organizzazione che documenta la lotta palestinese. Queste iniziative gli hanno permesso di costruire una rete di giovani palestinesi provenienti da zone che vanno da Jenin a Gaza, ha detto, nonostante le restrizioni israeliane ai loro movimenti.

Mentre le donne rappresentano quest’anno il 29% di tutti i candidati politici, secondo i dati pubblicati dalla Commissione Elettorale Centrale palestinese, Osta ha affermato che il 40% di Nabd al-Balad è composto da donne. Più del 70% dei 28 candidati della lista sono giovani, e tra loro vi sono ingegneri, medici, accademici, giornalisti e attivisti.

Anas Osta, capo della lista giovanile Nabd al-Balad per le elezioni parlamentari palestinesi fissate per il 22 maggio 2021. (Courtesy of Anas Osta)

Osta ha detto di essere stato contattato da alcune delle maggiori liste politiche per candidarsi come capofila, ma ha rifiutato le loro offerte. I giovani palestinesi meritano una lista “che li rappresenti chiaramente”, ha spiegato. “Voglio poter dire che ho ricevuto il mio mandato dalle persone che chiedono il cambiamento, dalle persone che vogliono combattere i leader corrotti”.

E il cambiamento, per Osta, non significa niente di meno che la completa revisione del sistema politico palestinese.

‘I giovani sono più forti e sono stufi’

A gennaio, il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha emesso un decreto che chiede elezioni legislative il 22 maggio ed elezioni presidenziali il 31 luglio, entrambe sotto l’Autorità Palestinese (AP). Una terza elezione per il Consiglio Nazionale Palestinese (PNC) – il parlamento dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) che rappresenta i Palestinesi sia dei territori occupati che della diaspora (ma non i cittadini palestinesi di Israele) – è prevista per il 31 agosto.

Ci sono 36 liste di candidati registrate per l’elezione al Consiglio Legislativo Palestinese (PLC) che è composto da 132 rappresentanti. Quasi il 40% dei candidati ha un’età compresa tra i 28 e i 40 anni, generazioni ben più giovani dell’85enne Abbas.

“Le varie liste hanno capito che altrimenti non potevano avere successo; se candidano i giovani, otterranno anche i voti dei giovani”, ha osservato Rula Salameh, giornalista e attivista di comunità con sede a Gerusalemme Est, che è anche la direttrice dell’istruzione e della sensibilizzazione presso Just Vision, un’organizzazione no profit che mette alla ribalta i leader palestinesi e israeliani che lavorano per la fine dell’occupazione. “Quello che vedremo in queste prossime elezioni sarà diverso dalle due precedenti, perché i giovani sono più forti e sono stufi”.

Dimostranti palestinesi si dirigono verso la residenza del presidente palestinese, mostrando cartelli contro le forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese. Ramallah, Cisgiordania, ottobre 2012. (Issam Rimawi/Flash90)

Tuttavia, ci sono diverse clausole che rendono la corsa sproporzionatamente più impegnativa per i giovani palestinesi. Le liste pagano una quota di registrazione di $ 20.000 e i candidati devono avere almeno 28 anni. Sono anche tenuti a dimettersi dal loro lavoro già come candidati, indipendentemente dal fatto che vincano o meno.

Questa richiesta di dimissioni è ingiusta e ha scoraggiato molti giovani dal partecipare, ha detto Salameh, poiché è improbabile che i giovani palestinesi rischino il loro reddito mentre molti di loro hanno prestiti da pagare. I politici veterani, al contrario, hanno le mani in molteplici progetti e iniziative imprenditoriali da cui trarre profitto se perdono lo stipendio dell’AP e possono fare affidamento sulle loro reti di contatti per assicurarsi altre posizioni governative se non vengono eletti.

Le difficoltà economiche sono diventate una preoccupazione centrale per i Palestinesi. Nel 2020, il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 47% a Gaza e il 16% in Cisgiordania. Nell’ultimo sondaggio del Palestinian Center for Policy and Survey Research (PCPSR), i Palestinesi che hanno indicato la disoccupazione e la corruzione come i problemi più seri che la società palestinese deve affrontare oggi sono più numerosi di quelli che hanno puntato il dito contro l’occupazione israeliana.

Lavoratori palestinesi passano con le loro cose attraversi un buco nella rete di separazione vicino alla città di Hebron in Cisgiordania. 31 gennaio 2021. (Wisam Hashlamoun/Flash90)

Questa realtà economica sta portando i giovani palestinesi a cercare di trasferirsi all’estero per “vivere una vita dignitosa”, ha detto Osta. Uno dei suoi compagni di lista, che ha 29 anni, ha conseguito un dottorato ma ha dovuto lavorare come imbianchino negli insediamenti israeliani per sbarcare il lunario.

L’unico modo per offrire ai giovani maggiori opportunità, ha affermato Osta, è cercare di influenzare il cambiamento dall’interno. “Nella vita, c’è il male e c’è il peggio”, ha detto. “Il male è l’esistenza di questo sistema che ha causato la nostra rovina e ha permesso alla corruzione di aggravarsi. Il ‘peggio’ è rinunciare alla nostra possibilità di cambiare il sistema in queste elezioni”.

‘All’improvviso, le elezioni sono diventate molto meno rischiose’

Le prime elezioni parlamentari e presidenziali palestinesi si sono svolte nel 1996, subito dopo la creazione dell’Autorità Palestinese in base agli accordi di Oslo, che avrebbero dovuto essere provvisori. Yasser Arafat, da tempo presidente dell’OLP, è stato presidente fino alla sua morte nel 2004 e l’anno successivo Abbas è stato eletto per sostituirlo.

Le elezioni per il Consiglio Legislativo dell’Autorità Palestinese si sono svolte di nuovo nel 2006. Il movimento islamista Hamas ha ottenuto la maggioranza dei voti, a cui Israele, Stati Uniti e Unione Europea – che classificano il gruppo come organizzazione terroristica – hanno risposto imponendo sanzioni contro il governo palestinese. La conseguente lotta per il potere, esacerbata dalla pressione internazionale, si è trasformata in un violento conflitto tra Hamas e Fatah, che ha portato il primo a prendere il controllo di Gaza e il secondo a governare la Cisgiordania.

Il presidente palestinese Mahmoud Abbas vota alle elezioni per il parlamento palestinese nella città cisgiordana di Ramallah, il 25 gennaio 2006. (Yossi Zamir/Flash90)

La divisione politica tra le leadership di Cisgiordania e Gaza – entrambe diventate più autoritarie e repressive – ha da allora paralizzato la politica palestinese. L’Autorità Palestinese, che aveva il compito di governare le aree palestinesi in Cisgiordania e Gaza, che costituiscono meno del 40 per cento dei territori occupati, ha sempre mancato di mantenere la sua promessa di realizzare uno Stato palestinese ed è largamente percepita come corrotta e incompetente.

Questa non è la prima volta che Abbas ha indetto, ma poi non è riuscito a portare a termine, le elezioni, dopo averlo fatto più volte fin dal 2011. Tenere elezioni ora potrebbe essere particolarmente rischioso per il presidente palestinese: da quando è iniziato il suo mandato nel 2005, la sua popolarità è stata in continuo declino, con il 68% dell’opinione pubblica palestinese che vorrebbe ora le sue dimissioni, secondo l’ultimo sondaggio del PCPSR.

“Se c’è una concorrenza libera e leale, [Abbas] perderà sicuramente”, ha affermato il dottor Khalil Shikaki, direttore del PCPSR e uno dei principali esperti di sondaggi. “Allo stesso modo, Fatah, il suo partito politico, è diviso e, se andasse alle elezioni parlamentari, questa divisione potrebbe rendere assai difficile per Fatah la formazione del prossimo governo”.

Donne palestinesi passano davanti a un murale con il leader palestinese imprigionato Marwan Barghouti, dipinto sul muro di separazione israeliano al checkpoint di Qalandia vicino a Ramallah. 3 settembre 2010. (Miriam Alster/Flash90)

Due dei membri più anziani del partito si sono separati per formare le proprie liste concorrenti: il nipote di Arafat, Nasser al-Qudwa, che si è alleato con l’uomo politico popolare e militante Marwan Barghouti, che sta attualmente scontando più ergastoli in una prigione israeliana; e l’ex ministro della sicurezza in esilio Mohammad Dahlan, che attualmente vive negli Emirati Arabi Uniti.

Hamas, da parte sua, ha tenuto in segreto elezioni interne al partito per i suoi vari settori politici e amministrativi. A marzo, Yahya Sinwar è stato rieletto come leader dell’organizzazione a Gaza e questo mese il leader di Hamas da tempo in esilio Khaled Mashaal è stato nominato direttore della diaspora del partito. Il resto dei risultati, tra cui se Ismail Haniyeh rimarrà a capo dell’ufficio politico del partito, dovrebbe essere reso pubblico a fine aprile.

Ma ci sono considerazioni politiche che rendono le elezioni più possibili e opportune in questo momento sia per Fatah che per Hamas, i due partiti che dominano le elezioni. Secondo Shikaki, recenti discussioni congiunte hanno rivelato che Hamas sarebbe disposto a sostenere la nomina di Abbas a presidente, il che significa che “all’improvviso, le elezioni sono diventate molto meno rischiose per [lui]”. Alcuni analisti hanno anche spiegato la tempistica delle elezioni come uno sforzo di Abbas per ottenere il sostegno della nuova amministrazione Biden e per aumentare gli aiuti dei donatori internazionali.

‘Ci vuole un nuovo sistema politico’

Per Salem Barahmeh, direttore esecutivo del Palestine Institute for Public Diplomacy con sede in Cisgiordania, la partecipazione alle elezioni per il PLC legittima lo stesso guasto sistema politico e i leader corrotti che hanno governato negli ultimi 30 anni. C’è, ha detto, “una tribù politica palestinese che vuole continuare lo status quo – il che significa il paradigma di Oslo, significa frammentazione palestinese, significa non comprendere e non sfidare la realtà dell’apartheid”.

Invece, Barahmeh e una dozzina di altri giovani palestinesi hanno deciso di lanciare una lista parlamentare virtuale progressista chiamata Jeel al-Tajdeed al-Democraty (JAD). I Palestinesi di età compresa tra i 18 e i 45 anni provenienti dalla Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est possono presentare le loro candidature online fino alla fine di aprile, e alla fine saranno eletti dai membri della JAD tra 16 e 32 candidati. Il gruppo ha ricevuto quasi 30 candidature solo nei primi giorni, ha osservato Barahmeh, per la maggior parte provenienti da Gaza.

Palestinesi che votano alle elezioni del movimento Fatah, vicino alla città cisgiordana di Nablus. 23 gennaio 2021. (Nasser Ishtayeh/Flash90)

All’inizio c’era molta eccitazione per candidarsi tra i giovani palestinesi, ha detto Barahmeh, ma quando la scadenza per la registrazione si è avvicinata, molti di loro non sono stati in grado di mettere insieme una lista a causa delle leggi elettorali restrittive. Inoltre, il presidente Abbas ha emanato un decreto che modifica il sistema elettorale: mentre prima a ogni circoscrizione era garantito almeno un seggio, i candidati del PLC sono ora eletti interamente in base alla rappresentanza proporzionale, ciò che favorisce i movimenti più consolidati.

“Se per 15 anni non hai avuto lo spazio per organizzarti politicamente, è molto difficile mettere insieme in due mesi una lista nazionale che possa essere competitiva. È praticamente impossibile”, ha spiegato Barahmeh.

Anche il fatto che molti dei candidati siano giovani è fuorviante, ha aggiunto, poiché la maggior parte di loro occupa le posizioni più basse in liste che difficilmente supereranno la soglia elettorale. Nel frattempo, le liste che si prevede avranno successo sono in gran parte alimentate da un culto della personalità, che JAD detesta e sta cercando di cambiare, ha detto. “Non abbiamo bisogno di un leader trasformista, abbiamo bisogno di un nuovo sistema politico. Avere un leader non basta. Abbiamo bisogno di un movimento.”

Un poster della campagna di JAD che circola nei social media per incoraggiare i giovani palestinesi ad autonominarsi nelle elezioni parlamentari virtuali. (Courtesy of JAD)

Lo scopo di promuovere una lista digitale parallela alle elezioni ufficiali è quello di costruire l’infrastruttura per un movimento che possa fungere da risoluto sfidante nelle future elezioni, ha spiegato Barahmeh. “Volevamo offrire un veicolo alternativo in grado di appassionare e mobilitare i giovani e far sentire la loro voce, senza essere la lista simbolo [dei giovani] che alla fine legittima le stesse facce e lo stesso sistema”.

Con il coronavirus che limita ancora i movimenti e gli incontri sociali nei territori occupati, le liste dovranno fare affidamento in modo significativo sui social media e sulle campagne digitali, un dominio in cui i giovani candidati hanno maggiori probabilità di navigare con successo rispetto a quelli più anziani.

“Il miglior complimento che abbiamo ricevuto online è stato un tizio che cercava di provocarci dicendo: ‘Oh, siete giovani ma a quanto pare avete centinaia di migliaia di dollari per creare i vostri contenuti'”, ha detto Barahmeh. ” Davvero non si immaginava che creiamo tutto su un’app di video editing sui nostri telefonini.”

‘I giovani si rendono conto che hanno bisogno di avere una voce’

Le elezioni, se si tengono, avvengono in un momento in cui i Palestinesi vedono una sempre maggiore espansione degli insediamenti israeliani e una presa sempre più stretta su quasi tutti gli aspetti della loro vita. Nonostante l’apparenza di un autogoverno palestinese, le autorità israeliane continuano a ostacolare il diritto delle persone di muoversi liberamente, espropriano le risorse naturali del territorio, limitano la terra su cui i Palestinesi possono costruire le loro case o coltivare i loro raccolti e detengono le persone senza accusa o processo per mesi e mesi.

Una donna palestinese discute con le forze di sicurezza israeliane al checkpoint di Qalandiya. 27 aprile 2016. (Yonatan Sindel/Flash90)

Le difficoltà sociali, economiche e politiche che i Palestinesi affrontano oggi sono “tutte il risultato di una politica basata sui nostri cedimenti, una politica che può offrirci solo uno stato quasi-palestinese”, ha detto Osta. Descrive gli accordi internazionali che l’AP ha firmato, principalmente gli accordi di Oslo, come “umilianti”.

“Sono il più grande sostenitore della pace”, ha dichiarato Osta, “ma come posso sostenere accordi internazionali che mi impediscono di visitare la mia città, Jaffa? Per non parlare dei profughi palestinesi in Libano che non vedono fine alla loro sofferenza”.

Secondo Shikaki del PCPSR, i giovani palestinesi sposano valori più liberali di quelli dei loro anziani e sono più insoddisfatti della loro leadership politica, in particolare su questioni di governo, condizioni economiche e status quo con Israele. I giovani palestinesi sono anche più propensi a sostenere la resistenza armata all’occupazione e a favorire la soluzione di uno stato unico, poiché per loro “la richiesta di indipendenza e sovranità è meno importante della richiesta di uguali diritti”, ha continuato Shikaki.

Mentre i giovani palestinesi sembrano entusiasti delle elezioni quanto il resto della popolazione, i sondaggi rivelano un ampio divario di entusiasmo tra la Cisgiordania e Gaza. “I giovani di Gaza sono molto più eccitati, anzi due volte più energici e desiderosi di partecipare rispetto ai giovani della Cisgiordania”, ha spiegato Shikaki.

Una donna palestinese prepara il tè durante un black out di elettricità a Gaza. 15 marzo 2014. (Abed Rahim Khatib/Flash90)

Israele ha imposto un blocco terrestre, aereo e marittimo su Gaza fin dal 2007, controllando strettamente il movimento di persone e merci. L’Egitto controlla l’unico altro valico per entrare e uscire da Gaza.

“Dato il blocco e l’economia stagnante, i giovani si rendono conto che hanno bisogno di avere una voce, che il cambiamento è imperativo”, ha detto il candidato capo di una lista indipendente di Gaza, che ha chiesto di non essere nominato per paura di ripercussioni. “Opportunità di lavoro, viaggi e libertà di movimento – siamo stati privati ​​di tutto questo per molto tempo. Questa potrebbe essere la ragione per cui i giovani di Gaza sono più entusiasti”.

Un’opportunità per trasformare la politica palestinese

Non è chiaro se avranno luogo le elezioni per il PLC o quelle presidenziali. Abbas insiste sulla partecipazione dei Palestinesi della Gerusalemme Est occupata, che gli accordi di Oslo consentono. Eppure è improbabile che Israele, che ha preso di mira in modo aggressivo qualsiasi forma di attività politica palestinese nella città, in particolare dalla Seconda Intifada, lo consenta.

Negli ultimi mesi, le forze israeliane hanno arrestato importanti leader pubblici palestinesi nei territori occupati. All’inizio di questo mese, la polizia israeliana ha emesso un’ordinanza contro un hotel di Gerusalemme, chiedendogli di chiudere una riunione relativa alle elezioni che si sarebbe tenuta lì. Questi attacchi, insieme all’esclusione di Gerusalemme Est, “potrebbero essere una buona scusa per Abbas per abbandonare del tutto le elezioni”, ha detto Shikaki, dato che un voto diviso di Fatah potrebbe significare la fine del governo di Abbas.

Operatori della Commissione Elettorale Centrale Palestinese registrano i cittadini in vista delle elezioni di Maggio. Rafah, Striscia di Gaza meridionale, 10 febbraio 2021. (Abed Rahim Khatib/Flash90)

Lunedì, il consigliere senior di Abbas, Nabil Shaath, ha affermato che le elezioni saranno “molto probabilmente” rinviate se Israele continuerà a ignorare la richiesta dell’Autorità Palestinese di includere Gerusalemme Est. La maggior parte dei Palestinesi, tuttavia, crede che le elezioni andranno a buon fine: nell’ultimo sondaggio del PCPSR, l’aspettativa pubblica per le elezioni è aumentata dal 32% al 61% nei tre mesi successivi all’annuncio.

“Credo che votare sia un nostro dovere. Se stai sostenendo il cambiamento, devi votare, non importa per chi”, ha detto Salameh, giornalista e attivista di Gerusalemme Est. “Se ognuno di noi alza la voce, il cambiamento avverrà. Ma se decidiamo di restare a casa e sprecare il nostro voto, prevarrà il solito sistema ormai defunto”.

Delle tre competizioni, le elezioni per il Consiglio Nazionale Palestinese (PNC) sono considerate quelle meno probabili ad essere realizzate. Ma per molti Palestinesi, il PNC, come uno dei principali organi dell’OLP, è senza dubbio il forum più importante per trasformare il sistema politico e rivitalizzare il progetto nazionale palestinese.

“Più importante che vincere alle elezioni del Consiglio Legislativo (PLC) è la nostra possibilità di entrare nel Consiglio Nazionale (PNC)”, ha detto Osta. “Il nostro obiettivo finale è cambiare l’OLP e rilanciarlo, per spronarlo a riconsiderare tutti gli accordi internazionali che hanno umiliato il nostro popolo”.

Barahmeh si è detto d’accordo. “Dobbiamo trasformare il sistema politico palestinese perché diventi più rappresentativo e democratico. E per noi, il PNC è l’organismo più importante, perché dovrebbe essere il parlamento del popolo palestinese, ovunque si trovi”.

Henriette Chacar è vice direttrice e reporter di +972 Magazine e produce anche la versione podcast del giornale. Ha lavorato a un settimanale del Maine, The Intercept, e a Rain Media per PBS Frontline. Si è laureata alla Columbia University ed ha un master in giornalismo e affari internazionali.

https://www.972mag.com/palestinian-elections-2021-youth-change/

Traduzione di Donato Cioli – AssoPacePalestina

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