Il festival senza confini

di Maria Di Pietro

10 ottobre 2020.

Si è concluso domenica 4 ottobre a Roma il Falastin Festival, il primo festival dedicato alla Palestina; la cultura, l’arte, la musica, la storia di quel paese hanno trasformato l’evento in una festa i cui i veri protagonisti sono stati gli incontri tra persone e tra popoli.

Il festival è stato organizzato dalla Comunità Palestinese di Roma e del Lazio in collaborazione con tante associazioni che trattano il tema dei diritti umani, tra cui AssopacePalestina, ANPI, Giovani Palestinesi d’Italia, BDS-Italia. Oltre alla cultura palestinese, il festival ha messo in luce i problemi connessi con l’occupazione che stanno subendo i Palestinesi. Questo tema è stato affrontato con nomi di spicco della politica e dello spettacolo.

“Come Italiani dobbiamo smetterla di pensare che l’unico Stato democratico in Medio-Oriente sia Israele. Uno stato di diritto che si basa sull’occupazione non è scientificamente uno stato di diritto” dichiara Giovanni Russo Spena, già Senatore della Repubblica

“L’art. 2 dell’Accordo di Associazione tra EU e Israele dice che gli accordi di cooperazione economica, sociale e politica devono essere sospesi quando un paese viola i diritti umani” ricorda Luisa Morgantini, già Vice Presidente del Parlamento Europeo e presidente di AssopacePalestina. “In ogni rapporto delle Nazioni Unite e dell’UE c’è scritto che Israele viola i diritti umani, e se non si applicano gli accordi che si  firmano, si diventa responsabili delle violazioni. L’EU applica sanzioni e boicottaggio a tanti paesi, ma non a Israele”.

Stefano Fassina, deputato LEU, parla del suo impegno di parlamentare a costruire condizioni che portino il Governo italiano ad approvare una mozione in parlamento che affermi in modo chiaro il diritto dei Palestinesi ad avere un loro Stato. Si spera che questo risultato possa essere raggiunto anche grazie al gruppo interparlamentare per la pace in Medio-Oriente costituito recentemente alla Camera.

“Israele continua a chiedere che venga riconosciuto il diritto dello Stato israeliano a esistere. Non metto in discussione questo diritto, ma chiediamo all’Italia di riconoscere il diritto alla vita del popolo palestinese” sostiene Yousef Salman, presidente della Comunità palestinese di Roma e del Lazio.

Moni Ovadia, durante il suo spettacolo, parla di “nazionalismo isterico” riferendosi al popolo israeliano.

Come ospiti del festival hanno partecipato anche Suad Amiry che sta girando l’Italia per la presentazione del suo libro “Storia di un abito inglese e di una mucca ebrea”, e lo stilista palestinese Jamal Taslaq di fama internazionale, con una sfilata di suoi abiti che intrecciano i colori e i gusti orientali a quelli occidentali.

Gli attacchi e le polemiche agli organizzatori e alla presidente del Municipio II di Roma, Francesca Del Bello, che ha patrocinato l’evento, sono arrivati puntuali nei giorni precedenti al festival, da parte della Comunità ebraica di Roma che ha chiesto a Del Bello di togliere il patrocinio del municipio. Anche il Centro Wiesenthal ha scritto al Presidente Giuseppe Conte chiedendogli di cancellare l’evento. Anche esponenti Pd del Municipio II hanno sostenuto le accuse rivolte alla presidente del Municipio, tanto che l’assessora Lucrezia Colmayer in contrasto con Del Bello ha rassegnato le proprie dimissioni.

L’appiglio per voler cancellare l’evento è stato il fatto che vi partecipava il BDS, un movimento nonviolento globale di boicottaggio disinvestimento e sanzioni contro il governo israeliano per la sua politica di occupazione. “È la cosa più naturale che un paese voglia difendere i suoi diritti, e il BDS prende spunto dalla lotta nonviolenta palestinese”, dichiara Stephanie Westbrook, “nasce perché le istituzioni non fanno il loro dovere. Questa è una mancanza che la società civile può compensare attraverso campagne contro la complicità  delle istituzioni e delle aziende che appoggiano un governo che viola i diritti umani”.

In questo clima di accuse e polemiche, la Presidente Del Bello non si è fatta intimorire ma ha confermato la sua posizione: “Non c’era nessuna ragione per ritirare il patrocinio al festival; per me significa farlo realizzare in una cornice istituzionale e dargli tutta l’importanza, e questo è un valore aggiunto” afferma, “io credo che il secondo municipio sia importante e debba essere il luogo dove ci si può esprimere, come avviene in tutti gli eventi che promuoviamo, legati all’accoglienza, al dialogo, alla relazione tra le persone, al valore della diversità; e questa opportunità doveva essere data anche alla comunità palestinese”.

“Non capisco cosa ci sia di cosi preoccupante da ritirare una concessione istituzionale che noi diamo a tante manifestazioni” dichiara Del Bello. “Il nostro principio è che tutti debbano avere un’opportunità. Ci asteniamo solo per quelle iniziative che sono razziste e fasciste, perché teniamo ai valori della Costituzione italiana. Il patrocinio è una forma naturale di sostegno in un luogo pubblico. Non ho trovato nessuna ragione valida per doverlo ritirare”.

“Non bisogna accettare il ricatto e la minaccia di ostilità e censura. Non bisogna farlo mai”, conclude fiduciosa.

Maria Di Pietro (AssopacePalestina)

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