16 giugno 2020
1. Che cos’è l’annessione?
L’uso della forza da parte di uno Stato per incorporare il territorio di un altro Stato nel proprio territorio è definito come annessione. Questa situazione presuppone che lo stato che intende annettere il territorio di un altro stato occupi effettivamente quel territorio. Quindi, poiché, secondo il diritto internazionale, l’occupazione è temporanea, l’annessione viola la legge dell’occupazione in quanto mira alla sovranità permanente sul territorio acquisito. L’acquisizione di territorio attraverso l’uso della forza, o annessione, è assolutamente vietata dal diritto internazionale, indipendentemente dal fatto che il territorio sia stato acquisito con l’aggressione o per autodifesa. Il consenso internazionale sul divieto di acquisizione del territorio attraverso l’uso della forza può essere ricondotto alla Carta delle Nazioni Unite del 1945 ed è ulteriormente classificato come norma perentoria ai sensi del diritto internazionale. Ciò significa che la comunità internazionale degli Stati concorda sul fatto che si tratta di un principio fondamentale del diritto internazionale a cui non è consentita alcuna deroga. Oggi questo principio costituisce un pilastro fondamentale per un sistema internazionale basato sul diritto.
2. Cosa implica l’annessione di Israele nel contesto della Palestina occupata?
L’annessione formale di Gerusalemme a Israele nel 1967, e gli attuali piani israeliani per annettere ulteriormente terre appartenenti allo Stato di Palestina, rappresentano una negazione e una minaccia per i diritti umani e nazionali palestinesi. Fin dal primo giorno di occupazione del territorio palestinese, Israele ha progettato diverse mappe di annessione (in particolare il piano Alon del 1967 e il piano Drobles del 1978) ridisegnando i confini politici di Israele. Oggi la realtà sul terreno nella Palestina occupata è il risultato di un processo di annessione sistematico e meticoloso che Israele ha cercato di realizzare durante i suoi 53 anni di occupazione. Per far avanzare e consolidare la sua impresa di insediamento coloniale, Israele continua a confiscare terre palestinesi, a distruggere e sequestrare proprietà palestinesi, a costruire sempre più insediamenti illegali e a sfruttare l’acqua e altre risorse naturali palestinesi.
La Corte Penale Internazionale sta attualmente esaminando la condotta illegale di Israele e le gravi violazioni delle norme e delle leggi internazionali per accertare l’esistenza di crimini di guerra che Israele sta commettendo nel territorio dello Stato di Palestina che comprende la Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, e la Striscia di Gaza. Attraverso le sue sistematiche violazioni dei diritti umani palestinesi, delle libertà fondamentali, della dignità umana, delle regole del diritto internazionale e del diritto umanitario internazionale, Israele sta già commettendo crimini di guerra chiaramente definiti, tra cui, come stabilito dallo Statuto di Roma: “Il trasferimento, direttamente o indirettamente … di parti della propria popolazione civile nel territorio che occupa, o la deportazione o il trasferimento della popolazione del territorio occupato all’interno o all’esterno di questo territorio.”
3. L’annessione è già avvenuta?
Alla popolazione palestinese è già negato l’accesso e il controllo della propria terra, dei confini e delle risorse naturali, compresa l’acqua. La realtà odierna è quella di un’annessione de facto, che consiste principalmente negli insediamenti coloniali israeliani e nel Muro di annessione che suddividono città, villaggi e città palestinesi, e nei posti di blocco militari che tagliano e dividono il territorio palestinese e limitano la circolazione di persone e di merci. Gli attuali piani di Israele che mirano a dichiarare formalmente la sua sovranità permanente sulla terra palestinese sono definiti come annessione de jure. È una conferma della realtà già esistente di uno stato unico con due sistemi giuridici, dove ai coloni israeliani si applica la legge israeliana e ai Palestinesi il codice militare. La pretesa israeliana di pieno controllo sulle terre appartenenti allo Stato di Palestina, uno stato riconosciuto da 139 paesi del mondo, nega l’inalienabile diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Prefigura una realtà di apartheid a tutti gli effetti, in cui il popolo palestinese subirà ulteriori violenze, incitamento, ingiustizia, razzismo e discriminazione istituzionalizzata.
4. In che modo Israele ha posto le basi legali necessarie per l’annessione de jure?
Oltre a approvare diverse leggi razziali e discriminatorie, il 20° parlamento israeliano, sciolto nel dicembre 2018, aveva proposto e discusso durante il suo mandato numerose proposte di legge concernenti l’annessione di diverse parti della Palestina occupata. Alcuni progetti di legge proponevano l’annessione di tutti gli insediamenti della Cisgiordania, mentre altri menzionavano insediamenti specifici intorno a Gerusalemme, Betlemme, Hebron e la Valle del Giordano. Tra questi progetti, i legislatori israeliani hanno dato l’approvazione finale a cinque principali progetti di legge destinati ad aprire la strada alla imminente mossa di annessione di Israele. Queste leggi si applicano direttamente alla Cisgiordania occupata e non richiedono ordini militari per attuarle, e sono: 1- Nel 2016, “Legge di incoraggiamento agli investimenti di capitale negli insediamenti” per consentire ai coloni israeliani di ricevere sconti fiscali per i profitti ottenuti nel territorio palestinese occupato; 2- Nel 2017, “Legge per l’annullamento del Consiglio per l’Istruzione Superiore nei Territori” che annulla e trasferisce il Consiglio per l’Istruzione Superiore, guidato dal comandante militare in Cisgiordania, al Consiglio per l’Istruzione Superiore che opera in Israele; 3- Nel 2017, la “Legge sulla regolarizzazione degli insediamenti” che permette la confisca permanente di terre private palestinesi per “regolarizzare” o “legalizzare” gli insediamenti israeliani ai sensi della legge nazionale israeliana (che è stata dichiarata illegale dalla Corte Suprema israeliana il 9 giugno 2020); 4- Nel 2018, “Legge per trasferire la competenza di giudicare le petizioni concernenti i territori dalla Corte Suprema Israeliana ai Tribunali per gli Affari Amministrativi,” che estende la giurisdizione ordinaria dei suoi tribunali amministrativi nazionali al territorio palestinese occupato, togliendola alla giurisdizione particolare della Corte suprema. Tale legge annulla la differenza, dal punto di vista legale, tra insediamenti israeliani e Israele; 5- Nel 2018, la “Legge Fondamentale: Israele – Lo Stato-Nazione del popolo ebraico” che riconosce dal punto di vista costituzionale la pretesa israeliana sull’intera Palestina Mandataria, sancisce la supremazia ebraica considerando questa terra come la patria nazionale dei soli Ebrei, e dà esclusivamente a loro il diritto all’autodeterminazione in Israele.
5. Ha importanza quale parte della Palestina occupata venga minacciata dai piani di annessione di Israele?
Non ha importanza. Non sono rilevanti le dimensioni (aree di territorio piccole o grandi) o il tempismo previsto (graduale o improvviso) per l’annessione di terre palestinesi. L’impresa israeliana di insediamento coloniale testimonia l’esistenza di piano israeliano per estendere la sua sovranità su tutta la Palestina Mandataria. Il concetto stesso di annessione è una minaccia per un ordine internazionale basato sul diritto. Le continue violazioni israeliane del diritto internazionale esprimono inequivocabilmente la palese negazione da parte di Israele del diritto del popolo palestinese di esistere sulla propria terra. Il furto di terra da parte di Israele di qualsiasi ulteriore porzione della Palestina occupata va respinto indipendentemente dai possibili scenari di annessione: la Valle del Giordano (la Porta Orientale della Palestina), tutti gli insediamenti israeliani in Cisgiordania, gli insediamenti intorno a Gerusalemme (per la realizzazione del suo progetto coloniale della Grande Gerusalemme), gli insediamenti che circondano Betlemme o i suoi insediamenti a Hebron.
6. In che misura il piano USA-Israele, noto come piano Trump, corrisponde ai piani di Israele per annettere terre che appartengono allo Stato della Palestina?
Il piano di annessione del Presidente Trump propone esplicitamente l’annessione dell’intera Cisgiordania occupata, nella sezione 7 che recita: “lo Stato di Israele manterrà la responsabilità prevalente sulla sicurezza nello Stato di Palestina …” Il Piano accetta i fatti illegali già esistenti creati da Israele nella Palestina occupata, compreso il Muro di annessione di Israele che è considerato compatibile con i nuovi confini. Propone una mappa concettuale che corrisponde alle prime mappe di annessione di Israele del 1967, progettate per consentire esclusivamente a Israele il controllo su tutte le terre a ovest del fiume Giordano fino al Mediterraneo. Il Piano nega allo Stato di Palestina il diritto di condividere un confine internazionale orientale con la Giordania, mentre Israele sarà autorizzato a controllare tutti i valichi di frontiera, compresi quelli con la Repubblica Araba d’Egitto. Prevede uno stato palestinese diviso in enclave discontinue e isolate, che sarebbero collegate attraverso una rete di trasporto fatta di ponti e tunnel soggetti alle esigenze e ai requisiti di sicurezza israeliani. Questa visione coloniale significa che l’occupazione israeliana della terra, dello spazio aereo e del mare palestinese sarà permanente e che Israele continuerà a determinare il destino del popolo palestinese.
7. In che modo i piani di annessione di Israele influenzeranno ulteriormente la terra e la vita dei Palestinesi?
I piani di annessione di Israele costituiscono una minaccia per l’esistenza dello stato di Palestina. L’annessione formale di qualsiasi ulteriore parte della Palestina occupata, indipendentemente dalle sue dimensioni, porterà conseguenze dannose. L’idea di annessione di Israele riguarda il controllo della terra senza essere direttamente responsabile della popolazione. Lo status dei Palestinesi nella Gerusalemme Est occupata è un chiaro esempio di come la “residenza permanente” ad essi attribuita abbia permesso a Israele di governare su di loro attraverso una serie di politiche oppressive e discriminatorie. In questo contesto, Israele considera la loro presenza temporanea e il suo controllo sulla loro terra e le loro vite permanente. L’annessione annulla il diritto del popolo palestinese ad uno stato, assicura la separazione permanente tra la Cisgiordania occupata e la Striscia di Gaza assediata, consolida ulteriormente l’impresa di insediamento coloniale di Israele, cancella la linea verde che costituisce la base della soluzione a due stati approvata a livello internazionale e liquida ogni sforzo internazionale messo in atto 27 anni fa per raggiungere la pace con la fine dell’occupazione israeliana e l’indipendenza della Palestina.
Oltre alla pesante situazione dovuta all’annessione de jure di Gerusalemme Est occupata, i piani di annessione di Israele divideranno ulteriormente le altre città e villaggi palestinesi in Cisgiordania e negheranno loro il diritto di crescere e svilupparsi. L’annessione inoltre aprirà la strada a Israele per confiscare altre terre palestinesi, demolire altre case palestinesi e sfrattare e trasferire forzatamente altre famiglie palestinesi per sostituirle con la sua popolazione civile. E per realizzare questo odioso obiettivo, lo Stato di Israele limiterà ulteriormente il movimento dei Palestinesi e intensificherà la sua vasta gamma di attacchi violenti e oppressivi contro di loro, anche attraverso raid, arresti e attraverso il coordinamento e la cooperazione già in corso con i suoi coloni illegali .
8. In che modo la leadership palestinese ha risposto agli annunci di Israele riguardo ai suoi piani per annettere ulteriori terre palestinesi?
A seguito della firma, il 20 aprile 2020, dell’accordo di coalizione governativa tra Benjamin Netanyahu e Benny Gantz, nel cui articolo 29 si dichiara che “a partire dal 1° luglio 2020, il Primo Ministro potrà portare l’accordo sull’applicazione della sovranità che sarà raggiunto con gli Stati Uniti all’audizione del governo per l’approvazione da parte del governo stesso e/o della Knesset”, il presidente Mahmoud Abbas ha dichiarato il 19 maggio 2020 la decisione dell’OLP e dello Stato della Palestina che essi “sono sciolti da tutti gli accordi con Israele“. Considerando l’impunità di lunga data di Israele, che ha reso obsoleti e irrilevanti gli accordi interinali a suo tempo firmati, questa decisione è il risultato delle discussioni in corso all’interno dell’OLP fin dal 2015. Di conseguenza, la leadership palestinese ha informato sia la parte israeliana che quella americana che la cooperazione sulla sicurezza si sarebbe immediatamente interrotta.
Come è avvenuto nell’ultimo quarto di secolo, la Palestina non può più essere l’unica parte a rispettare tali accordi. La Palestina non accetta lo status quo di occupazione coloniale da parte di Israele e non ha alcun obbligo nei confronti della potenza occupante, Israele, in alcun modo, forma o aspetto. Attualmente, la leadership palestinese sta preparando piani per affrontare i passi pratici riguardanti ogni aspetto della vita palestinese, principalmente servizi, istruzione, salute e sicurezza, per continuare a mantenere l’ordine pubblico e fornire servizi al popolo palestinese. Anche la Palestina si sta muovendo dall’era dell’autorità ad interim per rafforzare le istituzioni dello stato verso l’indipendenza. La Palestina non si sottometterà ai dettami degli Stati Uniti e di Israele, che vorrebbero costringere la Palestina ad accettare l’annessione e l’apartheid.
9. Come ha risposto la comunità internazionale? Quali azioni sono necessarie?
Mentre la maggior parte dei paesi del mondo ha espresso rigetto e preoccupazione per i piani di annessione di Israele, non vi è stata tuttavia una posizione internazionale unificata su quali azioni dovessero essere prese per costringere Israele a rispondere di decenni di violazioni del diritto internazionale. L’impunità di Israele deve finire, e la comunità internazionale ha la responsabilità di porre fine all’occupazione israeliana e all’oppressione del popolo palestinese per procedere verso la libertà e l’indipendenza. D’ora in poi, la leadership palestinese continuerà a fare appello ai paesi che non hanno ancora riconosciuto lo stato di Palestina entro i confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale, affinché si decidano a farlo e rispettino i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale e delle risoluzioni delle Nazioni Unite.
I piani di annessione di Israele possono essere evitati solo con misure concrete, compresa l’imposizione di sanzioni. La risoluzione 3414 dell’Assemblea Generale dell’ONU del 1975 “chiede a tutti gli Stati di desistere dal fornire qualsiasi aiuto militare o economico a Israele finché esso continua ad occupare territori arabi e a negare i diritti nazionali inalienabili del popolo palestinese”. Inoltre, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la risoluzione 2334 del 2016 impone agli Stati membri delle Nazioni Unite di “distinguere, nei loro rapporti, tra il territorio dello Stato di Israele e i territori occupati dal 1967”. Ciò richiede una revisione degli accordi di commercio, così come di altri accordi esistenti con lo Stato di Israele, che non distinguano chiaramente tra Israele e la Palestina. Gli Stati hanno l’obbligo legale di non riconoscere o assistere la situazione illegale creata da Israele nella Palestina occupata. Pertanto, in base a tale obbligo legale, gli Stati devono astenersi dal fornire fondi in qualsiasi forma all’impresa insediativa israeliana, un obbligo che riguarda anche le organizzazioni non governative, nonché coloro che sono coinvolti nelle relazioni d’affari con gli insediamenti, in particolare con quelli elencati nel database delle Nazioni Unite. Hanno anche la responsabilità di approvare leggi che vietino alle loro imprese di contribuire al progetto israeliano di insediamento coloniale e vietino l’ingresso di prodotti degli insediamento nei loro mercati.
10. Qual è la via da seguire?
L’unica strada da percorrere è quella di una soluzione politica basata sul diritto internazionale e sulle risoluzioni delle Nazioni Unite, e non una giustificazione teologica estremista dell’oppressione, dell’ingiustizia e della discriminazione razziale, come la concepiscono i leader degli Stati Uniti e di Israele. Una pace giusta, completa e duratura in Palestina, in Israele e in tutto il Medio Oriente può essere raggiunta solo attraverso una soluzione a due stati, che non è ancora fallita. Ciò che è fallito è un processo di pace guidato dagli Stati Uniti e viziato, per usare un termine blando, dalla propensione degli Stati Uniti a favore di Israele. Per impedire il controllo soverchiante degli Stati Uniti su questo processo e garantire la partecipazione internazionale a un vero percorso di pace, la comunità internazionale ha l’obbligo di far sì che si tratti di una pace autentica, completa e significativa, secondo la visione dell’iniziativa di pace palestinese, come proposto dal presidente Mahmoud Abbas al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite all’inizio del 2018.
Più di recente, anche per scoraggiare i piani di annessione di Israele, la leadership palestinese ha intensificato i suoi contatti internazionali, anche con i membri del Quartetto, per preparare una nuova conferenza. Ha anche inviato messaggi diretti a molti paesi per convocare una conferenza di pace sotto sponsorizzazione internazionale, con pieni poteri, basata sul diritto internazionale e su termini di riferimento concordati a livello internazionale. Questa conferenza dovrebbe garantire la realizzazione di una soluzione a due stati, porre fine all’occupazione israeliana, raggiungere l’indipendenza nazionale dello Stato di Palestina ai confini del 1967 con Gerusalemme Est come capitale, risolvendo il problema dei rifugiati palestinesi in base alla risoluzione ONU 194 e il rilascio di tutti i prigionieri. Il presidente Mahmoud Abbas ha invitato il Segretario generale delle Nazioni Unite a lavorare sollecitamente all’organizzazione di questa conferenza.
Traduzione a cura di AssopacePalestina