Ogni operazione militare israeliana provoca un’impennata di casi di disturbi da stress post-traumatico. Massacri, bombardamenti, invasioni militari, sensazioni sensoriali che si imprimono in maniera indelebile nella memoria
C’è stato un tragico deterioramento del benessere psicofisico dei bambini dopo l’attacco militare israeliano del 2008, Piombo Fuso, quello del novembre 2012 e naturalmente l’operazione militare in corso. Secondo ricerche condotte da Eyad Sarraj, esperto di salute mentale e attivista per i diritti umani scomparso lo scorso inverno, la quasi totalità dei 950.000 bambini gazawi soffre di sintomi psicologici e comportamentali propri del disturbo da stress post-traumatico (PTSD), tra cui aggressività, depressione, enuresi, flashback e un attaccamento psicotico alla madre o ad un familiare. E la ciclicità degli attacchi militari fa sì che i bambini siano profondamente e cronicamente traumatizzati perché non riescono a risolvere il loro trauma. Proprio per questo, rilevava Sarraj, “è molto difficile parlare di PTSD quando il trauma continua a ripetersi e a mantenere livelli di stress ricorrenti”.
Fatima Qortoum nel 2008 aveva 9 anni. Ha visto schizzare il cervello di suo fratello, a causa delle schegge di una bomba e quattro anni più tardi, nel bombardamento del 2012, l’altro fratello di sei anni è rimasto ferito ai polmoni e alla spina dorsale. Ad oggi, Fatima soffre di PTSD. “Non avevamo paura. Siamo abituati a tutto questo. Mio padre ci disse in casa: Gli israeliani stanno cercando di terrorizzarci, ma noi abbiamo la nostra resistenza che li spaventa”, ha raccontato all’ONU Mohamed Shokri, 12 anni. L’evento-guerra, ovviamente, è il più traumatico per il bambino. Tutto il sistema sensoriale è allertato e colpito profondamente: essere testimoni di massacri, bombardamenti, invasioni militari; vedere soldati, armi, spari, persone uccise; sentire le urla dei feriti, sono tutte sensazioni sensoriali che si imprimono in maniera indelebile nella memoria.
Ieri sulla spiaggia di Gaza City un missile israeliano ha colpito quattro bambini che giocavano, uccidendoli. Un evento del genere, oltre che essere follia disumana, scaturisce profondi traumi nei bambini sopravvissuti, anche solo guardandolo in tv. Anzitutto perché la sensazione di sentirsi perennemente in pericolo di vita causa anche psicosi, oltre che far insorgere traumi. Da simili eventi scaturiscono emozioni forti come la paura, il dolore, la collera, il senso di impotenza, talvolta il senso di colpa per essere sopravvissuti. La gravità del trauma è condizionata da sette fattori: la violenza improvvisa di un evento traumatico, la vicinanza fisica e affettiva all’evento, la durata e la ripetizione dell’evento, il grado di brutalità, la conoscenza degli assassini. Lo stress e lo choc possono arrivare a turbare molto profondamente aree interne, con rappresentazioni emotive non sempre facilmente verbalizzabili o in molti casi non verbalizzate. L’evitare o, al contrario, ripetere ossessivamente ricordi o comportamenti riguardanti il trauma, sembrano essere due polarità frequenti nella sindrome PTSD e, in generale, in tutti i disturbi che scaturiscono da un’esperienza traumatica. Ayesh Samour, direttore dell’unico ospedale psichiatrico presente nella Striscia, spiega: “Ai bambini di Gaza è stata negata un’infanzia normale a causa dell’insicurezza e instabilità del loro ambiente. E non temporaneamente. Una cultura di violenza e di morte pervade nella loro mente, rendendoli più aggressivi e arrabbiati”.
Fonte: Nena News