La lotta del villaggio nelle colline a Sud di Hebron per il diritto ad esistere
At-Tuwani, 11 giugno 2012
Sulla sola strada che collega l’area di Massafer Yatta con la cittadina di Yatta e il resto della West Bank un trattore portava materiale da costruzione al villaggio di At-Tuwani. Erano le ore 20 del’ 8 di giugno e due camionette dell’esercito israeliano lo aspettavano lungo il tragitto. Il guidatore viene respinto e obbligato a tornare indietro. Poco più tardi un secondo trattore è bloccato dai militari, ma il guidatore, intimato anche lui a invertire la marcia, si rifiuta. I soldati, allora, lo costringono ad attendere l’arrivo della polizia.
Una trentina di palestinesi, provenienti dai villaggi di At-Tuwani, Al Mufaqarah e Ar-Rakeez, sono accorsi sul posto ma i soldati hanno impedito loro di avvicinarsi al mezzo. Tuttavia, un gruppo di circa quindici donne si è avvicinato al blocco e ha iniziato a camminare verso il trattore superando i soldati, senza dare ascolto all’ordine di fermarsi. In pochi minuti la pressione delle donne è riuscita a rompere il blocco: i soldati, disarmati di fronte alla loro decisione, hanno dovuto farsi da parte e liberare la strada permettendo così al mezzo di raggiungere il villaggio.
Quello stesso giorno, nel pomeriggio, un altro palestinese che trasportava materiale edile verso At-Tuwani era stato trattenuto per circa un’ora dall’esercito e dalla polizia israeliana nel villaggio di Al Mufaqarah e alcuni abitanti erano intervenuti per evitarne l’arresto.
Questi episodi, insieme al continuo controllo militare dell’area, rientrano nel tentativo di bloccare la riuscita della campagna nonviolenta “Al Mufaqarah R-Exist”, in supporto della comunità di Al Mufaqarah. La campagna è stata lanciata il 19 maggio dalla comunità locale, dal Popular Struggle Coordination Committee e dal Comitato di Resistenza Popolare delle colline a sud di Hebron e vuole seguire l’esempio del villaggio di At- Tuwani. L’obiettivo è la costruzione di quindici nuove case per difendere il legittimo diritto di questa comunità palestinese a esistere sulla propria terra. Ogni sabato palestinesi, attivisti israeliani e internazionali lavorano insieme per costruire le nuove abitazioni, ma dall’inizio della campagna l’esercito israeliano ha più volte tentato di scoraggiare l’iniziativa. Sabato 2 giugno l’azione nonviolenta di costruzione non ha avuto luogo a causa della forte presenza militare nell’area che ha impedito la consegna dei materiali.
La mattina del 10 giugno, l’amministrazione civile israeliana e l’esercito sono entrati nel villaggio di Al Mufaqarah consegnando tre ordini di fermo dei lavori, uno dei quali alla prima delle quindici nuove case previste. Questo significa che chiunque sarà sorpreso a proseguire i lavori verrà arrestato. Inoltre, se i palestinesi non si appelleranno all’Alta Corte entro il 21 di questo mese, gli edifici riceveranno un ordine di demolizione.
Al Mufaqarah è situato in area C, sotto controllo civile e militare israeliano. All’interno di quest’area ogni costruzione deve essere approvata dall’amministrazione civile israeliana. La politica portata avanti da Israele in area C è quella di impedire lo sviluppo delle comunità palestinesi negando ogni permesso di costruzione e demolendo ogni struttura considerata “illegale”. Allo stesso tempo, gli insediamenti e gli avamposti israeliani presenti nell’area, pur essendo illegali secondo il diritto internazionale, continuano ad espandersi senza sosta mentre i coloni continuano ad attaccare impunemente i palestinesi.
Questa politica di restrizioni, chiusura, demolizioni, evacuazioni e soprusi, unita alle continue violenze da parte dei coloni presenti nell’area, nega di fatto i diritti umani dei palestinesi, ostacolando la possibilità di vivere nei propri villaggi e coltivare le proprie terre.
Ciò nonostante, le comunità palestinesi delle colline a sud di Hebron non si sono arrese e hanno deciso di resistere all’occupazione in modo nonviolento.
L’esistenza del villaggio di Al Mufaqarah è da sempre minacciata da queste strategie di oppressione che mirano di fatto all’evacuazione della comunità. Ma, allo stesso tempo, è un esempio di resistenza nonviolenta. Insieme ad altri dodici villaggi della zona, nel 1999 Al Mufaqarah ricevette un ordine di evacuazione in quanto rientrava nella “Firing Zone” (zona di addestramento militare). Ma gli abitanti non si arresero e fecero appello alla Corte Suprema, che, dopo sei mesi, riconobbe loro il diritto di tornare nelle proprie case.
La lotta nonviolenta di Al Mufaqarah per il suo diritto ad esistere non si è fermata. Nell’autunno dello scorso anno, la comunità cercò di allacciarsi alla linea elettrica che illumina il villaggio vicino di At-Tuwani. Iniziò così la costruzione dei tralicci che avrebbero portato la luce. Ma, alle 7 del mattino del 3 di novembre, una ruspa scortata da 25 soldati israeliani percorse la strada che collega i due villaggi e nel tragitto demolì ad uno ad uno ogni traliccio. Qualche settimana dopo, due bulldozer scortati dall’esercito, senza alcun preavviso di demolizione, irruppero nel villaggio e abbatterono due case, una stalla, la struttura che conteneva il generatore di corrente e la moschea. Nel corso di quelle operazioni, una ragazza palestinese, prima che la sua casa fosse distrutta, cercò di entrare per recuperare la sua roba. I soldati la fermarono e la stordirono con il gas. Poi, dopo averla fatta inginocchiare, l’arrestarono insieme alla cugina che aveva cercato di soccorrerla portandole dell’acqua.
Il giorno successivo centinaia di abitanti dei villaggi delle colline a sud di Hebron si raccolsero intorno alle macerie della moschea di Al Mufaqarah e pregarono insieme. Dopo la preghiera, iniziarono subito la ricostruzione, interrotta in seguito da un ordine di fermo dei lavori.
Questi villaggi non spariranno dalle mappe. Questi villaggi non si fermeranno nella lotta nonviolenta per il diritto all’esistenza. Al Mufaqarah, At-Tuwani e le altre comunità a sud di Hebron esistono e resistono. Per questo la campagna Al Mufaqarah R-Exsist andrà avanti: perché un muro ricostruito vale più di cento case abbattute. Perché un trattore liberato da quindici donne vale più di cento strade bloccate dai soldati.
Ogni sabato ad Al Mufaqarah si costruisce.
Foto: http://snipurl.com/23wlsjo
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